
I giardini italiani spesso sono segreti. Nel senso che alle volte ci passi davanti e neanche te ne accorgi. Se ne stanno nascosti dietro alte mura, difesi da cancellate enormi, occultati da siepi di pitosforo e photinia fitte e altissime, spunta giusto la chioma di qualche pianta, ma poi – mancando una prospettiva aerea – non si riesce a capirne la grandezza. Ma anche nel senso che spesso sono chiusi, riservati ai privati possessori di quel palazzo o quel convento. Così che a uno non rimane che ipotizzare quale sia la meraviglia che si cela in quei luoghi segreti.

Donnafugata come paese è Palma; come palazzo è Santa Margherita
Così Giuseppe Tomasi di Lampedusa racconta al barone Enrico Merlo di Tagliavia i luoghi del Gattopardo. Il palazzo in questione è Palazzo Filangeri di Cutò a Santa Margherita di Belice.
Il palazzo fu fondato da Antonio Corbera – discendente di un’antica famiglia catalana che possedeva il feudo fin dal 1433 – sui resti di un castello berbero, Manzil el Sindi. Nel 1620 la nipote di Antonio, Elisabetta Corbera, acquista il feudo che viene trasmesso al marito Giuseppe Filangeri. Sono gli antenati di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ed è proprio il principe autore del Gattopardo il più credibile testimone della nostra visita. Fu lui l’ultimo erede della dinastia ad abitare il palazzo; ed è lui che descrive la villa, il giardino, il paese, i dintorni vissuti da ragazzo e narrati nel capitolo “Ricordi d’infanzia” ne I racconti.
Nella piazza principale del paese si trova la facciata del palazzo, l’unica che non abbia subito danni nel terremoto del 1968. È oggi sede dell’amministrazione comunale, del Museo del Gattopardo e del Premio letterario Tomasi di Lampedusa. Così è descritto nei Racconti: «Essa era una delle più belle case di campagna che avessi mai visto […]. Costruita nel 1680, verso il 1810 era stata completamente rifatta dal principe di Cutò in occasione del soggiorno lunghissimo che vi fecero Ferdinando IV e Maria Carolina, costretti in quegli anni a risiedere in Sicilia mentre a Napoli regnava Murat». È proprio la regina a dare il nome alla vicina contrada Donnafugata, nome reso immortale dal romanzo e soprattutto dal film che Luchino Visconti ne trasse nel 1963.

Un palazzo immenso. Oltre all’ala tuttora conservata ve ne era un’altra altrettanto vasta che si affacciava su un cortile: «L’ultimo e il maggiore dei tre cortili della casa di Santa Margherita era il cortile delle Palme, piantato tutto in giro da altissime palme cariche, di quella stagione, di grappoli non fecondati di datteri. Entrando in esso […] si aveva a destra la linea lunga e bassa del fabbricato delle scuderie al di là del quale vi era il maneggio». Tutto questo, seconda ala, scuderie, maneggio furono distrutti dal sisma del 1968.
Oggi vi è una grande spianata usata per manifestazioni e per i giochi dei ragazzi. Del palazzo originario rimasero anche i ruderi della chiesa, che ospita il Museo delle Rimembranze con foto e articoli di giornale dedicati al terremoto, e del Teatro, creato nel 1751 dal principe Alessandro II Filangeri. «Il giardino, come tanti altri in Sicilia era disegnato su un piano più basso della casa, credo affinché potesse fruire di una sorgente che lì sgorgava. Era molto grande e nella sua complicazione di viali e vialetti perfettamente regolare […] era tutto piantato a lecci e araucarie, con viali bordati da siepi di mortella, e nel furore dell’estate, quando la sorgente scemava il suo gettito, era un paradiso di profumi riarsi di origano e di nepitella, come lo sono tanti giardini in Sicilia che sembrano fatti più per il godimento del naso che della vista».

Sono diversi i motivi dell’eccezionalità di questo giardino. Innanzitutto per la sua posizione nella Sicilia interna, arida, e proprio nel contesto urbano del paese. In secondo luogo perché all’epoca della sua realizzazione i giardini dell’aristocrazia si trovavano soprattutto lungo la costa dell’isola. Erano assai rari, all’interno, i tentativi di vincere una natura e un clima totalmente ostili. Infine è la natura stessa del giardino a essere unica. Costruito sul finire del Seicento è assai diverso da quelli che sarebbero stati impiantati un secolo dopo. Questo è un giardino “personale”, che rispecchia la cultura e il carattere de proprietari. Realizzato da maestranze palermitane, misura 4.200 metri quadrati: quanto un campo di calcio. L’origine fu probabilmente suggerita dalla presenza di una sorgente che salvò le piante dopo l’abbandono da parte dei Tomasi nel 1921, e fino al suo restauro alla fine del Novecento. Confina inoltre con il Parco delle Rimembranze, un altro polmone verde del paese in cui, così la leggenda dice, si trovava il giardino delle scimmie. Grazie alla sorgente, che scorre da una grotta, all’interno del giardino si trovano quattro fontane. Una, a forma di quadrifoglio, è al centro, all’incrocio dei due viali principali. Manca la statua che la decorava, vittima (come le altre) di furti.

Un’altra della stessa forma si trova vicino alla cosiddetta scala di Leopoldo (dal nome del principe che fu nel palazzo al seguito della Donnafugata) che attraverso una scala conduceva al giardino. La fontana più bella si trova dalla parte opposta: è di forma circolare, con all’interno un isolotto pieno di piante, tra cui bellissimi papiri. L’ultima, più piccola e di forma rettangolare, è chiamata fontana dei bambù, pianta davvero singolare all’epoca in Sicilia. Vi si trovano poi una serra, una casa delle bambole e una voliera per i pappagalli.
Quella che si può chiamare un’appendice del giardino è la Villa comunale: «Questa era posta al limite settentrionale del paese, proprio sul dirupo da cui si contemplava la grande vallata». Donata dal nonno, Lucio Mastrogiovanni Tasca Lanza di Almerita, contiene ancora un tempietto neoclassico da cui si gode un panorama eccezionale della vallata. L’abbandono dei Lanza Tomasi «coincise con la rapida e improvvisa fine di questa bellissima fra le più belle ville», oggi del tutto fruibile al pubblico.
INFORMAZIONI DI VISITA
Il Palazzo Filangeri Cuto è in parte fruibile, la visita guidata costa 5 euro e comprende il Museo del Gattopardo, i tre cortili e l’accesso al giardino. Palazzo Filangeri di Cutò fa parte del Parco Letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che comprende la residenza della famiglia Tomasi e Villa Boscogrande a Palermo e l’ultima dimora dello scrittore a Palma di Montichiaro.