“Datemi il silenzio, l’acqua, la speranza – sospirava Pablo Neruda -. Datemi la lotta, il ferro, i vulcani”. I vulcani. Il ventre della Terra. Il suo camino, la sua stufa, la sua caldaia. Il suo fuoco. Dall’Amiata al Vesuvio, era – il nostro - un paese ardente. L’Amiata e il Vesuvio si vedono, il resto si conosce, s’intuisce, s’immagina. Abbiamo voluto camminarlo. Dai Monti Sabatini al Mar Tirreno. Lo abbiamo battezzato Il Cammino dei vulcani. Un buon paio di pedule, pronti e via.
La richiesta è stata quella di otto biblioteche civiche del sistema a nord di Roma: Trevignano, Campagnano, Formello, Anguillara, Bracciano, Santa Severa, Ladispoli e Cerveteri. Gli obiettivi: valorizzare il territorio e promuovere la lettura. Il progetto: collegare le biblioteche a piedi. Ma anche con un diario di viaggio che testimoniasse, che documentasse, che certificasse questo cammino: testi, foto, disegni, acquerelli, video, podcast, post, interviste. Chi dal primo all’ultimo passo, chi da casa, chi partecipando a una o più tappe, nove in tutto, dalla Faggeta di Oriolo alla necropoli di Cerveteri, due luoghi simbolici, due tesori mondiali, due storie profonde. Ma tutti legati a questo territorio perché vi è nato o cresciuto, perché ci abita o ci lavora, e comunque perché lo studia e lo ama.
Vulcanologi (Sandro Conticelli), botanici (Stefano Valente), archeologi (Settimio Cecconi), geologi (Ilaria Mazzini), naturalisti (Umberto Pessolano), fotografi (professionisti e amatoriali), acquerellisti (Federico Gemma, Elena Mitrovic, Ornella Ricci), artisti, attori (Gabriele Benedetti e Caterina Acampora), scrittori, giornalisti. A coordinare, stimolare e sorvegliare, l’associazione Ti con Zero di Fernanda Pessolano, che ha avuto l’idea di questo cammino. Intanto, durante le tappe, letture dantesche a settecento anni dalla morte dell’Alighieri.
Vicarello / foto cinemamatori Bracciano - S. Pontanari
LA POESIA DEL PRIMO PASSO
Anche il battesimo è stato letterario. Un incontro con Giulia Caminito, l’autrice di “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani), il romanzo finalista allo Strega e vincitore al Campiello nel 2021, ambientato proprio in questa zona. Fin dal primo passo. “Nella faggeta non si vedono né terra né erba, solo foglie secche senza sfumature, un mantile di sottili e croccanti piccole foglie, zucchero caramellato e mandorle. Cristiano dice che la faggeta di Oriolo Romano è diversa dalle altre perché è cresciuta a bassa quota, dice che le faggete non sono i posti nel mondo più longevi, sono rimaste identiche a loro stesse per milioni di anni, ma dopo l’era glaciale a oggi, o forse meno, ma se anche fosse meno io guardo quei tronchi lunghi e stretti come se fossero miei antenati, li vedo nudi, hanno braccia e mani e dita e tra loro si sfiorano soltanto, accendono fuochi nelle caverne quando nessuno li guarda”.
Poi è solo bellezza: la bellezza della strada, del sentiero, della via; la bellezza della compagnia, casuale e causale, vegetale e minerale, umana e animale; la bellezza della scoperta e della riscoperta, della semplicità e della leggerezza. Le pedule, già detto, e lo zaino. E quel primo passo, dalla stazione ferroviaria di Oriolo, sulla linea Roma-Viterbo. Perché ci sono cammini che emergono da una mappa, ci sono cammini che nascono da un sogno, ci sono cammini che sorgono da una scommessa, ci sono cammini che risorgono dalla storia, ci sono cammini che si tramandano a parole, ci sono cammini che si seguono a segnali, ci sono cammini che arrivano da lontano, ci sono cammini che tornano a casa, ci sono cammini che vengono dal cuore, ma tutti i cammini cominciano nello stesso modo. Un passo. Il primo passo.
Anguillara / foto Contrasto
LE TAPPE DEL VIAGGIO
Da Oriolo a Trevignano: la prima tappa, 24 chilometri. Da Trevignano a Campagnano: la più lunga, 28 chilometri. Da Campagnano a Formello: la più breve, una decina di chilometri passando per il Santuario della Madonna del Sorbo. Da Formello a Martignano: una ventina. Da Martignano a Bracciano: una quindicina. Da Bracciano a Pian della Carlotta: una trentina. Da Pian della Carlotta a Torre Flavia passando per Santa Severa: una quindicina. E da Torre Flavia a Cerveteri (Ladispoli è sulla linea ferroviaria Roma-Civitavecchia) con un anello intorno a Cerveteri partendo e arrivando alla necropoli della Banditaccia: un’altra ventina. Poco più di 160 chilometri, con una incerta approssimazione, perché questa prima volta era un’anteprima, un numero zero, dove ci interessava più la sostanza della forma, più i sentimenti delle cifre. Per le cifre esatte e per le indicazioni precise ci sarà tempo, una seconda volta, un ripasso, un perfezionamento.
Torre Flavia / foto Ernesto Emili
ALLE ORIGINI DEL CAMMINO DEI VULCANI
I principi del nostro Cammino dei vulcani – definirlo nuovo è paradossale – erano chiari: individuare un percorso tra quelli già esistenti e tracciati, c’è anche la Francigena; mantenere le biblioteche come punti di riferimento non solo culturale ma anche orientativo; privilegiare i centri di interesse storico e naturalistico; partire e arrivare in due stazioni ferroviarie (o vicino); invertire la direzione (magari già dal secondo sopralluogo, da Cerveteri a Oriolo) senza pregiudicare il senso e il fascino del Cammino; stabilire un contatto e stringere una collaborazione con le associazioni locali, perché ci sono, e sono tante, e tanto valorose, ma troppo spesso isolate, a volte perfino chiuse, come per proteggersi dalle difficoltà, quelle che minacciano il volontariato. Eppure, volendo, si può fare.
Il tratto da Santa Severa a Torre Flavia, una dozzina di chilometri sulla spiaggia, è gestito nella prima parte archeologica dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, poi nel poligono di tiro di Furbara dall’Esercito italiano, poi nella Riserva naturale regionale di Macchiatonda dai guardiaparchi, poi nell’aeroporto militare di Furbara dall’Aeronautica militare 17° stormo incursori. L’associazione Ti con Zero è riuscita a guadagnarsi i permessi. La volontà ha trafitto lo scetticismo. E Patrizio Demartis, guardiaparco a Macchiatonda, ha accompagnato i camminatori fuori dall’orario di lavoro: per dire del suo impegno e della sua passione.
La sensazione, immediata e poi confermata tappa dopo tappa, è stata quella della ricchezza e della varietà del territorio. A cominciare dalla natura. Di vulcani, quelli conici stampati nella nostra memoria, resiste solo Rocca Romana. Ma gli altri sono sprofondati, dando vita ad altipiani, come il Lago di Bracciano e la Valle del Baccano. Ma la terra bolle e ribolle, acqua e vento a spegnere e riaccendere un fuoco interiore, come la caldana e le betulle a Manziana. E pur offesa da abusi edilizi, la terra offre squarci di purezza e integrità, come il Lago di Martignano e i sentieri verso Sasso e poi Tolfa, non a caso scelti come allevamenti equini e set cinematografici.
E dovunque segni di antiche civiltà – etruschi, falisci, latini – come la via Amerina, che emerge miracolosamente con i suoi lastricati solcati e incisi dalle ruote dei carri. Una sorpresa strabiliante: Roma espansiva e invadente una trentina di chilometri a sud, Cassia e Cassia bis arate da macchine e camion, e lo scempio di discariche abusive.
Foto Andrea Deieso
PERCHÉ UN VIAGGIO A PIEDI
Il Cammino dei vulcani ha un suo perché. Anzi, ne ha molti. Il primo sta nella sua natura filosofica. Perché camminare è un atto – addirittura, ancora, sempre – rivoluzionario, significa andare controcorrente e controtendenza, contromano, controsterzo e perfino contropiede, significa allungare i tempi e allargare gli spazi, preferire la lentezza alla velocità, il reale al virtuale, il terrestre al digitale, il tardi al subito, il vecchio al nuovo, il vecchio che avanza e il nuovo che retrocede. Il secondo sta nella sua natura geografica. Perché è una zona di meraviglie colossali eppure nascoste, ma fagocitata, risucchiata, inginocchiata anche alla forza gravitazionale di Roma capitale, Roma metropolitana, Roma turistica, Roma caput e anche kaputt.
Il terzo sta nella sua natura missionaria. Perché camminare qui vuole dire conoscere e riconoscere, osservare e studiare, apprezzare e ammirare, dunque difendere e proteggere, battersi e lottare perché si salvi quel che si può. Il quarto sta dentro di noi. Perché il Cammino dei vulcani non si è fermato a Cerveteri, ma potrebbe – già detto – ricominciare da Cerveteri, con un tracciato segnato e segnalato, con convenzioni collaudate, con obiettivi condivisi, infine con una guida che accompagni viandanti e studiosi, peripatetici e sognatori, ma con i piedi per terra. Su questa terra.
 
Formello / foto Associazione Riflessi
L'AUTORE
Marco Pastonesi (Genova, 1954), ex giocatore di rugby di serie A e B, ha lavorato per ventiquattro anni alla «Gazzetta dello Sport». Ha seguito diciotto Giri d’Italia, dieci Tour de France e un’Olimpiade, oltre a quattro Giri del Ruanda e uno del Burkina Faso. Per questa avventura ha deciso di scendere dalla bici.