- Raffaello 2020: le mostre per celebrare il grande artista di Urbino a 500 anni dalla morte
In questa pagina vi vogliamo portare a esplorare i luoghi di Raffaello, ripercorrendo le orme della sua fulminea esistenza. E provando a capire qualcosa di più su un personaggio diventato mito attraverso i (pochi) segni che ha lasciato dove è passato, i paesaggi che ha visto con i suoi occhi oltre cinquecento anni fa, gli autori suoi contemporanei ammirati nella sua peregrinazione da una città all'altra dell'Italia centrale.
Raffaello, Madonna della Seggiola; Galleria degli Uffizi, Firenze
Raffaello nacque a Urbino nel 1483. La città marchigiana era nel periodo del suo massimo splendore: alla corte di Federico da Montefeltro erano chiamati artisti di fama, che lavoravano alla realizzazione del magnifico Palazzo Ducale. Anche il padre di Raffaello, Giovanni Santi, era artista che lavorava per la corte e aveva a bottega numerosi apprendisti, tra cui ci s'immagina anche il ragazzino.
Non è difficile ritornare a quegli anni: basta visitare, a Urbino, la casa natale di Raffaello e il palazzo Ducale. La prima - dove tradizionalmente si collocano il luogo di nascita del pittore e la bottega del padre - conserva vari oggetti connessi a Raffaello (copie di suoi dipinti, bozzetti per il suo monumento, omaggi di altri artisti) e altri testimonianza del mito che in varie epoche ha accompagnato la sua figura; da non perdere l'affresco raffigurante la "Madonna con Bambino", uno studio giovanile realizzato dal giovane artista in collaborazione con il padre. Per palazzo Ducale servono poche parole: è uno dei monumenti più importanti del Rinascimento italiano, dove tutto parla dei geni che ruotavano intorno al duca Federico, in primis Francesco di Giorgio Martini (poco successivo a Raffaello).
Se non molto si sa della formazione presso il Perugino, invece è storicamente documentato la presenza di Raffaello a Città di Castello attorno al 1500. Il pittore diciassettenne era già definito un magister quando ricevette la prima commissione, una pala purtroppo smembrata nel tempo, cui seguirono molte altre sia a Città di Castello sia nella vicina Perugia almeno fino al 1504.
Com'erano le cittadine umbre nei primi anni del Cinquecento? Per scoprirlo, niente di meglio che una passeggiata nei loro centri storici, dove sono ancora molti i monumenti del tempo. A Città di Castello, per esempio, il più importante centro urbano della Val Tiberina, la famiglia dei Vitelli ha lasciato splendidi palazzi rinascimentali, forse troppo poco noti rispetto a quelli di altre città umbre. Vi consigliamo di entrare in San Francesco, dove Raffaello aveva dipinto lo Sposalizio della Vergine (poi forzatamente donato a un generale napoleonico, oggi a Milano); e nella grandiosa San Domenico, che invece conservava una sua Crocifissione, ora alla National Gallery di Londra. Per capire qualcosa di più su chi frequentava Città di Castello in quegli anni, basta andare alla Pinacoteca (dove è ancora conservato un lavoro del Maestro, lo Stendardo della Santissima Trinità): le opere di Luca Signorelli - che partì per Orvieto proprio nel 1500 - avranno colpito senz'altro anche il giovane urbinate.
Firenze era il centro dell'arte, a quel tempo. Logico che anche Raffaello ne fu attratto: arrivò in città nell'ottobre del 1504, accompagnato da una lettera di raccomandazioni scritta niente meno che dalla figlia del duca di Montefeltro. Era un periodo incredibile per il Rinascimento: Leonardo aveva esposto nel 1500 un cartone raffigurante la Vergine con il Bambino e Sant'Anna e stava iniziando nel 1504 il cartone della Battaglia di Anghiari, mentre nella stessa estate il David di Michelangelo era stato posto davanti al Palazzo della Signoria. Immaginate Il 21enne Raffaello che arriva a Firenze e assorbe ogni soffio d'arte, non solo dai contemporanei ma anche dai padri fondatori del Quattrocento.
A Firenze Raffaello visse per circa quattro anni, fino al 1508, producendo ritratti, opere sacre, Madonne rivolte al culto privato - tra cui la Madonna del Cardellino, la Madonna Esterhazy, la Madonna Tempi. Non abbiamo notizia di dove abitò o dove fosse la sua bottega, ma non risulta difficile immaginare l'ambiente che lo circondava: basta una visita agli Uffizi, a palazzo della Signoria, a una delle tante case museo che si trovano nel centro storico. Agli Uffizi, peraltro, potrete guardare Raffaello negli occhi: il suo Autoritratto, dipinto nel 1506 e conservato nel Corridoio vasariano, racconta di un giovane con i capelli lunghi e l'espressione dolce e seria nello stesso tempo.
Firenze fu abbandonata repentinamente: Raffaello ricevette infatti una chiamata irrinunciabile da Roma, dove il papa Giulio II stava commissionando la decorazione delle "Stanze Vaticane". Il Vasari ci dice che fu per intercessione del Bramante - conterraneo di Raffaello - che il pittore 25enne ottenne subito un incarico: e i primi lavori piacquero talmente tanto al papa che Raffaello fu incaricato di dipingere tutto il ciclo all'interno di quella che almeno al principio doveva essere la Biblioteca di Giulio II.
Il genio di Raffaello si esplicò a Roma come mai, prima di quel tempo, gli era stata dato la possibilità. Ancora oggi, percorrendo le Stanze all'interno dei Musei Vaticani, si percepiscono le novità apportate dall'artista tra il 1509 e il 1513: la scenografia teatrale della Scuola di Atene, l'azione dinamica della Disputa del Sacramento, l'utilizzo straordinario degli spazi nella Messa di Bolsena - dove vengono raffigurati anche Giulio II con alcuni cardinali e le guardie svizzere, presumibilmente ritratti dal vero. Raffaello era in buona compagnia: nel 1512 Michelangelo completò la volta della Cappella Sistina. Li immaginiamo mentre si incontrano nei corridoi del Vaticano...
Raffaello si spense nel 1520, la notte del Venerdì Santo, con enorme cordoglio di tutto il mondo dell'arte e della politica del tempo - addirittura fu riportato che ci fu un piccolo terremoto, nel momento in cui morì. Oggi potete rendergli omaggio al Pantheon, dove la sua tomba reca un epitaffio del Bembo: «Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di esser vinta; ma ora che è morto teme di morire».