- Puntata 1 – “Dov’è il Mani? Cos’è il Mani?”
- Puntata 2 – “Anche nel Mani sono arrivati i boutique hotel”
- Puntata 3 – “Lungo le coste del Mani, tra miti antichi e mare cristallino”
- Puntata 6 – "Intorno a Monemvasia: spiagge, grotte e relax"
- Reportage pubblicato su Touring, rivista del Touring Club Italiano
- Video "10 motivi per andare a Monemvasia"
PUNTATA 3 - LUNGO LE COSTE DEL MANI, TRA MITI ANTICHI E MARE CRISTALLINO
Oggi ho fatto la strada con un camioncino carico di aglio e cocomeri. Come me, faceva la spola tra villaggio e villaggio: io per visitare chiese e case-torri, lui cercando di vendere i suoi prodotti – solo quei due, nient’altro! – alla gente rinchiusa nelle case per la siesta pomeridiana. Peccato non vendesse ciliegie o albicocche, gliene avrei comprate volentieri. Ma un cocomero intero mi sembrava troppo.
Oggi ho scoperto che il Mani è bellissimo. Che questa parte della Grecia rimane per intenditori, troppo lontana da Atene e dal classico circuito archeologico: sarà che è inizio luglio, ma la gente in giro è davvero poca. E che il paesaggio, quello sì, non è affatto cambiato dai tempi del libro di Paddy Fermor. La parte più a sud, poi, è straordinaria: colline aspre, bruciate dal sole, il timo fiorito che impregna le narici, strade che ti fanno fermare a ogni curva per la meraviglia. Il capo più meridionale del Peloponneso e dell’Europa continentale, capo Tenaro o Matapan a seconda delle vicende della storia, per gli antichi era l’ingresso dell’Ade. Da qui Orfeo si calò nelle viscere della Terra per trovare la sua Euridice, per esempio: il pensiero continua a riportare al liceo, alle versioni dal greco, a quei miti ineguagliabili.
Oggi ho capito che è davvero inutile andare in un’isola delle Cicladi per trovare il “mare della Grecia”. Sarà magari più comodo, con i voli low cost, ma vuoi mettere avere l’opportunità di essere da solo su una spiaggia, di fronte a tutti i colori immaginabili? Le foto rendono più di mille parole: guardate Porto Kagio, capo Tenaro e poi la spiaggetta di Agios Kuprianos. Ce n’è per tutti i gusti, peraltro: spiagge larghe e sabbiose per famiglie, ciottolose e difficili da raggiungere per puristi della solitudine, piccole calette, lidi più grandi e in parte attrezzati. Basta mettere in conto un po’ di tornanti – quelli che Fermor faceva a piedi o a dorso di mulo e che io, più comodamente, affronto con la mia utilitaria.
E oggi mi sono reso conto che se tanti villaggi sono stati restaurati con cura (Lagia e Flomochori, per esempio), per altri c’è ancora parecchio da fare. Paddy Fermor racconta dell’ospitalità ricevuta a Vathia, uno dei villaggi più densi di case-torri (vedi puntata 2), dove una famiglia locale lo ricevette con amore e organizzò un’indimenticabile cena sulla cima di una torre, sotto la luna, issando le pietanze con una corda dall’esterno della torre. Oggi Vathia è un paese fantasma, assediato dai fichi d’India, accoccolato come allora su uno sperone roccioso da cui si domina il mare. Qualche anno fa si era tentato di trasformarlo in albergo diffuso: oggi rimangono i numeri sulle porte e qualche materasso dimenticato nelle camere. Peccato, perché sarebbe bello farlo rivivere: magari nel nome di Fermor.