a cura di Nabila Di Pilla, Alessia Mangano e Valerio Mannelli
Tappe per un itinerario inedito nel cuore di Monte Sacro: in marrone le attrattive storiche, in verde quelle di interesse naturalistico e in giallo quelle di interesse sociale. Elaborazione dati su base cartografica regionale (CTR2002) e indicazioni percorribilità di Insieme per l’Aniene Onlus, a cura di Nabila Di Pilla
La zona urbanistica a nord est di Roma sull’asse della via Nomentana, denominata Monte Sacro (Municipio III), nasce circa un secolo fa sulla riva destra dell’Aniene, con l’intento di urbanizzare un’area naturalistica di grande interesse attraverso la realizzazione di una città-giardino. L'area, ancora non nota in relazione alla fruibilità turistica, è di grande interesse per gli aspetti geografici, storici, naturalistici e paesaggistici.
La natura che resiste
Immersi nel brulichio incessante della città eterna, tra i rumori dei clacson e lo sfrecciare dei veicoli, è possibile trovare piccoli angoli di paradiso che consentono di vivere con maggior lentezza il tempo che scorre: sostare, godere il silenzio e ammirare i colori della natura. Tra via Tiburtina e via Nomentana, si trova uno di questi angoli: il Parco Nomentano, un’oasi di natura appartenente all’estesa riserva naturale ‘Valle dell’Aniene’ (circa sei milioni di metri quadri). Un parco che permette a tutti coloro che vivono la città di scoprire il tradizionale paesaggio della Campagna romana, con i suoi rilievi di natura tufacea e con le numerose anse del fiume Aniene che si fonderà poi con il Tevere, di cui è il secondo maggiore affluente di sinistra.
Ingresso Parco Nomentano, foto di Valerio Mannelli
Già gli antichi romani avevano ben compreso il fascino paesaggistico di quest’area, in seguito denominata Monte Sacro, un appellativo che richiama la pratica diffusa dei vaticini: cerimonia di culto romano durante la quale gli àuguri osservavano il volo degli uccelli che avrebbe indicato loro il corso degli eventi futuri. In questo spazio verde, sito all’interno di un territorio fortemente urbanizzato, la natura è protagonista. Una natura che resiste e nella quale è possibile leggere i segni e le vicende degli eventi che qui hanno avuto luogo.
I primi episodi, risalenti al 494 a.C e al 448 a.C, richiamano all’attenzione due importanti figure romane: Caio Sicinio Belluto e Menenio Agrippa. In quegli anni presero avvio le prime rivolte contro il patriziato romano. Nel 494 a.C Sicinio Belluto si fece promotore dell’evento passato alla storia col nome di ‘secessio plebis’, lo sciopero della plebe svoltosi in questa zona. I plebei, ribellandosi alle numerose vessazioni della classe aristocratica romana, riuscirono ad istituire la carica di tribuno della plebe: un vero e proprio magistrato che avrebbe, finalmente, garantito e difeso tutti i loro diritti.Durante questo evento, fu essenziale l’intervento di Menenio Agrippa (console romano). Proprio nell’occasione dello sciopero, Menenio pronunciò un celebre apologo, nel quale paragonava le differenti parti della società romana ad un corpo umano, ciò per richiamare il fatto che ogni organo è necessario alla sopravvivenza di tutto l’insieme. Grazie al suo discorso i plebei si convinsero e diedero fine alla protesta.
La presenza di questi personaggi vive ancora oggi nella toponomastica e nell’architettura urbana del quartiere. Dopo aver attraversato lo storico Ponte Nomentano e aver proseguito lungo la via che costeggia l’Osteria de’ Cacciatori, sulla sinistra troviamo il parco inaugurato nel 2008 e rinominato per l’appunto ‘Parco Caio Sicinio Belluto’ (punto 8 sulla carta).
Fontana centrale nel Parco Caio Sicinio Belluto, foto di Valerio Mannelli
Questo giardino, realizzato da Raffaele Vico, architetto e progettista di parchi e giardini, porta in sé le tracce storiche di un antico mausoleo (punto 7), risalente al I o II secolo d.C. Il reperto storico e la piazza in cui è collocato sono stati dedicati entrambi al console romano Menenio Agrippa. Il monumento, realizzato in tufo giallo, possiede una pianta circolare posta sopra un basamento a parallelepipedo; la volta è realizzata con frammenti di anfore e copre l’antica camera funeraria.
Storicamente questa porzione di territorio viene ricordata anche per altri importanti eventi. Qui infatti, sebbene per poco tempo, si accampò Giuseppe Garibaldi con le sue truppe di volontari. Il luogo era infatti strategico per via dell’altura che offriva un’ottima visuale della zona circostante.
Mausoleo Menenio Agrippa, foto di Valerio Mannelli
La memoria di episodi in cui la resistenza e l’opposizione al potere appaiono evidenti percorre il tempo sino a giungere al nostro presente. Il parco ha da pochi anni preso il nome di ‘Parco Nomentano Lorenzo Orsetti Partigiano’. Simbolo culmine della resistenza contemporanea nella zona è la targa (punto 1) intitolata a questo giovane anarchico; un antifascista fiorentino di 33 anni che, combattendo volontariamente al fianco della milizia curda in Siria, ha perso la vita il 18 marzo 2019 durante una battaglia nel villaggio siriano di Al-Baghuz Fawqani. Lorenzo è diventato il simbolo dell’impegno civile contro i fondamentalismi di ogni genere e a favore della giustizia sociale; come ben dimostrano le parole di esortazione contenute nella sua ultima lettera, pubblicata sulle maggiori testate giornalistiche italiane : “È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate sempre che ogni tempesta inizia con una sola goccia. Cercate di essere voi quella goccia!”. La targa che oggi si trova nel parco è stata richiesta dalla comunità locale come segno di solidarietà verso la famiglia del giovane scomparso e, come testimonianza di un ricordo collettivo che rimane sempre vivo nel tempo.
Targa dedicata a Lorenzo Orsetti e piazzale degli eventi all'interno del parco, foto di Valerio Mannelli
Un’altra forma di partecipazione collettiva è quella che si concretizza nell’organizzazione di numerosi eventi e manifestazioni all’interno del piazzale d’ingresso al parco. Tra i più celebri e tradizionali appuntamenti, si possono ricordare l’Aniene festival, vero e proprio salotto verde dove sono protagoniste le arti in diverse forme espressive e, tra i più recenti, l’IFEST- Indipendent Festival Roma, festival di musica indipendente nato dal bisogno di alcuni attivisti della zona di creare uno spazio nel verde di incontro e condivisione al fine di contrastare la progressiva desertificazione dello spazio pubblico in città. Di fatto, qualche anno fa, il disinvestimento nelle politiche culturali, lo sgombero degli spazi sociali e i regolamenti opprimenti hanno determinato la diminuzione di spazi destinati alla socialità e alla fruizione consapevole e partecipata dell’area urbana. Tuttavia questi eventi hanno permesso di creare un’offerta culturale di qualità, coniugata a una politica di accessibilità e inclusività, in cui in una natura che storicamente resiste, è possibile vivere e fruire del tempo in modo collettivo, partecipato e sostenibile.
Luoghi da (ri)scoprire
Il Ponte Nomentano (punto 2 della carta), costruito in tufo, con archivolti in travertino, sul fiume Aniene durante l’età repubblicana, presentava in origine tre arcate e rappresentava per l’antica Roma uno dei ponti extraurbani più importanti. Nel VIII secolo venne fortificato, per volontà di Adriano I con due torri a loro volta rinforzate e con il pontificato di Niccolò V vennero realizzati dei muri. Il ponte sorge sull’antica Via Nomentana, nel passato uno dei principali punti di passaggio della transumanza. A testimonianza di ciò, è ben visibile nella chiave di volta una clava e una testa bovina, simbolo di Ercole, protettore della transumanza delle mandrie.
Il ponte è un monumento a cui possono riferirsi molti eventi storici e simboli spesso sconosciuti anche agli abitanti del posto. Subì danni e venne ricostruito dopo l’invasione barbarica di Totila, re degli Ostrogoti, intorno alla metà del 500. Un’antica storia popolare vuole che sia il sito di un incontro tra Carlo Magno e papa Leone III, mentre nel 1400, nel periodo della Congiura dei Pazzi, il ponte venne incluso tra i possedimenti di questa famiglia. Nel 1500 invece, dopo vari interventi di restauro e passaggi di proprietà, divenne sede della dogana di città. Nel 1849 ha subito diversi danni a causa dell’invasione francese, riparati pochi anni dopo. Nel 1997 per evitare lesioni venne chiuso al traffico veicolare e da allora è esclusivamente a uso ciclo-pedonale.
Nel lato verso Roma, incastonato nel muro a Nord, è possibile notare un caposaldo di livellazione dell’Istituto Geografico Militare, a testimonianza del lavoro svolto a partire del 1995 per la materializzazione dell’IGM95: la rete geodetica italiana.
Ponte Nomentano, lato Roma, foto di Valerio Mannelli
Attraversando il ponte si è investiti dall’aria fresca del fiume, mentre i rumori e i colori della città lasciano il posto a un’atmosfera del tutto diversa dove la natura prende il sopravvento. Proseguendo lungo la vecchia Via Nomentana, dopo qualche passo, un antico fontanile usato nel passato per far abbeverare gli animali rimarca che questo era un punto di sosta, per i pastori diretti verso Tivoli prima e per l’aristocrazia che praticava la caccia della volpe poi.
Antico fontanile sito in Via Nomentana dove si abbeveravano i cavalli, foto di Valerio Mannelli
Ma ciò che nasconde molto più di rispetto a ciò che è visibile è il “casale rosso”(punto 6), così chiamato da chi frequenta la zona, appena di fronte al fontanile. Questo antico casale era un’osteria di cacciatori e aristocratici che qui sostavano con cavalli e carrozze. Lo stesso edificio è anche citato nel romanzo “Il Piacere” di Gabriele d’Annunzio in quanto luogo dove Andrea Sperelli incontra la sua amante Elena Muti.
Casale rosso su Via Nomentana 414, foto di Alessia Mangano
Non lontano da qui, seguendo la Via Nomentana, si arriva al già citato mausoleo (punto 7). Lasciandoci alle spalle il monumento alla sinistra è possibile apprezzare Ponte Tazio (punto 12), costruito in tufo e marmo nei primi anni ’20 per collegare la città giardino Aniene, che doveva ospitare la nuova borghesia di Roma, con la Via Nomentana. Ed è qui che qui vennero girate diverse scene del film “Ladri di Biciclette” di Vittorio de Sica (1948).
Scena del film "Ladri di Biciclette" di Vittorio de Sica (1948), Ponte Tazio è alle spalle del protagonista in bicicletta
Passeggiando a destra si arriva a Piazza Sempione (punto 10), realizzata nel corso degli anni ’20 da Gustavo Giovannoni come centro culturale e amministrativo del neonato quartiere. Rappresenta oggi un punto di ritrovo della città sia durante il giorno data la presenza di servizi e negozi, sia durante la sera quando accoglie molte/i frequentatori dei locali nelle vicinanze.
Piazza Sempione, foto di Valerio Mannelli
Nel cuore della piazza è stata posta, nel 1948, la statua della Madonna della Misericordia, patrona del quartiere. Nella parte nord della piazza è possibile osservare una serie di edifici progettati da Innocenzo Sabbatini: il più famoso tra tutti sicuramente è il Palazzo Pubblico che oggi ospita la sede del III Municipio di Roma Capitale con la famosa torre dell’orologio situata al centro della facciata decorata dello stemma del quartiere che recita “Numquam sine luce” (mai senza luce).
Veduta nord di Piazza Sempione, con Palazzo Pubblico sulla destra, attualmente vi sono lavori in corso per la pedonalizzazione della piazza, foto di Valerio Mannelli
Alle spalle della statua, in cima ad una grande scalinata, si trova la Chiesa dei Santi Angeli Custodi (punto 11). Dalle forme classicheggianti, con cupola, la facciata è divisa in due ordini divisi dalla scritta “Angelis Custodibus”, presenta anche elementi dello stile barocco a conferma della vocazione del quartiere di nuovo salotto della borghesia.
Il nome deriva dall’omonima chiesa una volta situata in Via del Tritone e distrutta da un’alluvione nei primi anni ’20. Venne realizzata nel 1924 anche grazie al contributo di un milione di lire da parte di Papa Pio XI e fu visitata nel 1986 da papa Giovanni Paolo II, a ricordo venne posta una targa su un muro alla destra della facciata.
Chiesa Santi Angeli Custodi, foto di Valerio Mannelli
L’evoluzione del paesaggio dell’Aniene da campagna a polmone verde per la città densa
Vista sull’Aniene dal Parco Nomentano, foto di Nabila Di Pilla
Al loro ingresso in città, le acque dell’Aniene, detto Teverone nel suo tratto finale, vengono filtrate dal depuratore Acea Roma Est, del quale è previsto un ampliamento per una conversione in ottica di green economy, che prevede la trasformazione dei fanghi in biometano, una fonte di energia altamente sostenibile. La giunta capitolina lo scorso gennaio ha dato così l’impulso per una trasformazione significativa dell’impatto industriale sulle acque e sugli habitat del microcosmo Aniene, che ancora ospita specie caratterizzanti come gamberetti e molluschi, il martin pescatore e l’airone cinerino, fra le altre. Un secolo è trascorso da quando Giovannoni prevedeva la costruzione della Cartiera per il Poligrafico dello Stato, vero cuore industriale produttivo del quartiere Montesacro. Oggi è la sede di Editalia, una storica casa editrice romana. Dal 2020 è in funzione sull’Aniene nei pressi di Piazza Gola, nella Riserva Naturale, una barriera antirifiuti galleggianti, dopo quella collocata sul Tevere.
Negli ultimi decenni si è verificato un passaggio molto rapido da un rapporto antropico di vicinanza e di familiarità con l’acqua dei due principali fiumi che attraversano Roma, il Tevere e l’Aniene, a un rapporto di diffidenza, caratterizzato da abusivismo, inquinamento, degrado, paura delle piene e della potenza distruttiva dell’acqua.
L’utilità imprescindibile dell’approvvigionamento idrico, per il quale le principali città sono sempre state fondate su corsi d’acqua, negli ultimi decenni è stato completamente rivisto da esigenze tecnologiche di regimazione delle acque, come accaduto per i bastioni del Tevere, in esercizio dalla fine dell’Ottocento. Le tracce dei paesaggi urbani fatti di aree umide, fasce tampone e zone di allagamento, sono disseminate ovunque a Roma dell’edificato storico, nella toponomastica, oltre che nei principali porti urbani come Ripetta e Ripa Grande, e dalle numerose indicazioni del livello dell’acqua raggiunto durante le piene nei vari punti della città storica e raccolte per un certo periodo nell’igrometro di San Rocco.
Per quanto riguarda invece l’Aniene, non ci sono testimonianze relative al rapporto antropico con l’acqua, in quanto la rapida edificazione ha tenuto conto di un margine ragionevole fra il fiume ed il tessuto urbano, lasciando libera la cosiddetta area golenale segnata delle tortuose ansie che il fiume percorre fino alla sua intersezione con il Tevere. Sull’Aniene oggi possiamo praticare sport, andare in bicicletta, in canoa, passeggiare a cavallo in una delle strutture presenti sulle rive del fiume (punto 13), osservare la vegetazione spontanea e passeggiare fra gli alberi tipici della vegetazione riparia. Possiamo trovare coltivi e orti urbani (punto 5). Il rapporto con l’acqua è immediato, senza la barriera di alti bastioni e muraglioni, e senza che vi sia una pavimentazione asfaltata o cementata. Passeggiando sull’argine, ci imbattiamo in relitti post-industriali come la Cartiera del Poligrafico, e più di frequente possiamo incontrare testimonianze di associazioni di quartiere che vivono il fiume, con scopo sociale e ludico oltre che culturale ed ambientalista. Ad esempio i volontari dell’Associazione Solaris OdV, che si occupa di pazienti con sofferenza mentale, hanno svolto una dettagliata raccolta di campioni vegetali per la creazione di un erbario delle erbe spontanee dell’Aniene, accompagnati da professori e botanici come Bruna Pollio e Franco Panzini (punto 3).
“Americà, facce Tarzan!” Alberto sordi, Un Giorno in Pretura, di Steno, 1953, si immerge nelle fredde acque della marrana verso il fiume Aniene, tra via Val Brembana e la ferrovia della Stazione Nomentana, fonte raicultura.it
Le attività che oggi si possono svolgere in prossimità di un fiume della portata e dell’importanza dell’Aniene sono molteplici, legate in primis alla connessione fra le parti della città e alla tutela e alla scoperta del patrimonio ambientale e culturale. L’area di studio è collegata alla rete dei trasporti e della mobilità attraverso una infrastruttura in progress di realizzazione come il GRAB, il Grande Raccordo anulare delle Biciclette, con ottime potenzialità di fruibilità per la popolazione del quadrante nord-est di Roma, fra la Tiburtina, la Nomentana e la Salaria, un settore densamente abitato.
La realizzazione di questa infrastruttura verde può fungere da collegamento trasversale fra le due linee della metropolitana B e B1, Ponte Mammolo e conca d’Oro, o Libia e con la ferrovia, garantendo la possibilità di percorrere un sentiero naturalistico di alto valore, scoprendo monumenti architettonici dell’antica Roma, come il Ponte Nomentano, e testimonianze di epoche di molto antecedenti il neolitico, custodite per esempio nel piccolo museo di Casal dei Pazzi, facendo un tuffo nella preistoria e protostoria, lungo il fiume degli elefanti.
Una simile infrastruttura avrebbe inoltre il pregio di collegare i due fiumi Tevere e Aniene e i ponti coevi, mostrando due aspetti totalmente diversi e complementari di intendere il rapporto col fiume (anche attraverso gli sport e la ciclabile), da un lato con la fruizione delle aree attrezzate pavimentate a bordo fiume dell’estate romana sul Tevere e dall’altro lato con una rigenerante esperienza naturalistica sull’Aniene, senza però perdere la socialità e la vocazione alle feste, agli eventi ed alle manifestazioni culturali, negli spazi adibiti adiacenti, come il Parco Nomentano e Piazza Sempione stessa, in cui ogni anno si rinnova ad esempio un palinsesto di eventi musicali legati anche al tributo a Rino Gaetano, che abitava proprio sulla Via Nomentana vecchia al civico 53, di fronte al Parco Nomentano (punto 1).