Vi proponiamo una passeggiata in città alla scoperta di monumenti sorprendenti e scorci inusuali, e poi un approfondimento sulla sua gastronomia, realizzato grazie a Vetrina Toscana, il progetto sul turismo enogastronomico della Regione Toscana che racconta attraverso i prodotti e le ricette della tradizione il bello e il buono di questa terra.
Porto di Livorno - foto Andrea Dani
UNA PASSEGGIATA ALLA SCOPERTA DI LIVORNO
Terrrazza Mascagni, Livorno - foto Andrea Dani
Lungomare, Livorno - foto Andrea Dani
Proseguendo verso nord, si percorre il lunghissimo lungomare, che raccoglie l’identità della città. In una ventina di minuti si arriva alla Darsena Vecchia, dove attraccano i pescherecci e i pesci freschissimi aspettano i compratori sui banchi di marmo. Davanti sorge la Fortezza Vecchia, antica costruzione cinquecentesca, immersa nelle acque, circondata da imbarcazioni da diporto e pescherecci. La sua presenza ha difeso intere generazioni di cittadini che qui si rifugiavano in caso di attacchi pirateschi e di guerre. Il suo Mastio circolare e il colore rosso dei mattoni sono il primo benvenuto per chi arriva dal mare. Con l’inizio della bella stagione, quest'imponente fortezza ospita concerti, incontri e manifestazioni. Esiste poi un’altra Fortezza, chiamata la “Nuova” costruita un secolo dopo per assolvere agli stessi usi militari e civili; a poca distanza dalla Vecchia, si trova nel cuore dello storico quartiere della Venezia Nuova. Oggi è una splendida cornice di verde, dove si organizzano eventi. Negli ampi sotterranei trovano ricovero i famosi gozzi: le imbarcazioni a remi dei vari rioni cittadini che si contendono la sfida in acqua per lo spettacolo estivo delle gare remiere, un appuntamento atteso tutto l’anno dai livornesi e anche dai turisti che ne apprezzano il valore culturale e di tradizione.
A proposito del quartiere della Venezia Nuova: si tratta di una parte di città ideata come la città lagunare veneta, percorsa da ponti e canali, un luogo che sembra disegnato dall’estro di un pittore. Il quartiere rivela ancora intatta la sua struttura originaria e tutto il suo fascino. Gli alti palazzi signorili avevano accesso diretto al canale, proprio sotto il livello della strada, per agevolare l’ingresso di merci direttamente nella corte interna. Sulle banchine si scaricavano tabacco, spezie, cioccolata, caffè, indaco, mastica greca e perfino diamanti. Tra i palazzi e le vie entra il mare, a formare canali navigabili che circondano il perimetro pentagonale della città storica. Oggi questo quartiere è considerato il vero cuore storico di Livorno, un cuore pulsante di vie e corsi d’acqua che lambiscono i palazzi storici, che qui vengono chiamati “fossi”, con le cantine a pelo d’acqua, divenute locali e ristoranti dove riscoprire i piatti della tradizione.
Fossi di Livorno - foto Andrea Dani
La passeggiata può terminare poco più a sud, al Mercato Centrale, vero e proprio tempio dell'enogastronomia. Detto anche Mercato delle Vettovaglie o Mercato Coperto, quando fu costruito dal suo architetto Angelo Badaloni, negli ultimi anni dell’Ottocento, era uno dei più grandi d’Europa, realizzato con i materiali più all’avanguardia dell’epoca: ferro, ghisa e vetro, a comporre quello che i livornesi denominarono il “piccolo Louvre”. L'edificio doveva portare con sé un nuovo orgoglio cittadino, in un momento in cui Livorno doveva riprendersi dalla crisi economica e dallo spostamento del porto militare a La Spezia: fu realizzato seguendo il modello delle vecchie Halles parigine e segna il passaggio artistico tra il Neoclassicismo e l’Art Nouveau. Molti i particolari da notare: il Salone Centrale, per esempio, è abbellito da otto cariatidi, due su ogni ingresso, realizzate dallo scultore livornese Lorenzo Gori (una donna con un fascio di spighe tra le braccia e un’altra con un grembiule pieno di uova). Le cariatidi sono in realtà le Gabbrigiane, contadine e venditrici provenienti dal Gabbro e dai paesi vicini che portano, nelle ceste, i prodotti delle loro terre: polli, conigli, uova, erbe aromatiche. Indossano abiti tipici: uno scialle annodato sul petto e un’acconciatura raccolta.
Mercato delle Vettovaglie, Livorno - foto Andrea Dani
Cacciucco, Livorno - foto Luca Managlia
Un altro piatto simbolo di Livorno e street food per eccellenza è la torta di ceci, una sorta di crespella preparata con farina di ceci, acqua, olio extravergine d’oliva e sale, cotta preferibilmente in forni a legna, in speciali teglioni tondi di rame stagnato. È anch'essa legata al mare, almeno a seconda della leggenda che ne narra le origini; si narra che durante la Battaglia della Meloria, tra Genova e Pisa nel 1284, un’imbarcazione s’imbatté in una tempesta e la nave subì danni alla stiva che conteneva scorte di cibo. I prodotti, in particolare ceci, mischiandosi con acqua salata formarono una poltiglia che essiccata al sole divenne appetitosa. La si gusta soprattutto nel 5 e 5, il tipico panino livornese (uno sfilatino o una focaccia) farcito con torta di ceci e, alle volte, con le melanzane sotto pesto ("sotto pesto" a Livorno significa aglio, prezzemolo e peperoncino); il nome deriva dalla consuetudine, in uso a partire dalla metà del XX secolo, quando il connubio fra pane e Torta fu ideato, di chiedere al “Tortaio” (il venditore di Torta) 5 centesimi di pane e 5 centesimi di Torta, da lì l’abbreviazione “un 5e5”. Tradizionalmente con la torta si beve la spuma bionda, una bibita gassata dolce, aromatizzata in vari modi, dalla formula segreta.
5 e 5, Livorno - foto Luca Managlia
Per chiudere in bellezza un lauto pasto, non può mancare il ponce, bevanda alcolica nata a Livorno tra i secoli XVII e XVIII e derivata dal punch, diffuso in città dalla numerosa comunità britannica. Se la composizione originale del punch inglese prevedeva cinque ingredienti (da cui il nome, derivato dal termine della lingua hindi panca o pancha, "pugno" o "cinque"), tè, zucchero, cannella, limone e acquavite (oppure acqua bollente, succo di limone, rum delle Antille, spirito di noce moscata e arak, un distillato di vino di riso originario dell'Indonesia), il ponce livornese nacque sostituendo al tè o all'acqua bollente il caffè concentrato, mentre al posto del rum fu usato il cosiddetto "rum fantasia" (localmente detto anche rumme), un'invenzione locale costituita da alcol, zucchero e caramello di colore scuro, a volte aromatizzato con un'essenza di rum (ricetta originale del rag. Gastone Biondi della ditta Vittori). La versione diffusa tra Ottocento e Novecento prevedeva una preventiva bollitura del caffè macinato in una pentola piena d'acqua; da ciò si otteneva un infuso che veniva filtrato con un panno di lana e immesso nella caffettiera. Al caffè che usciva dalla macchina veniva poi aggiunto con un misurino il rumme o la "mastice", una versione del mistrà, liquore di semi di anice verde macerati in alcol. Un'ottima conclusione per la nostra passeggiata livornese.
INFORMAZIONI
Indirizzi consigliati per degustare le specialità livornesi:
- Trattoria Il Sottomarino (link alla nostra scheda), via Terrazzini 50. Dal 1937, un'icona di Livorno, dove si può assaggiare il cacciucco tradizionale, preparato con quel che si trova al mercato. Il tutto intinto nel pomodoro e messo sul pane agliato abbrustolito.