Mozart. Musica. Montagne. Museum der Moderne. Mercatini (di Natale, of course). Tante M con cui raccontare Salisburgo. Ne manca una, però, forse la meno scontata: l'iniziale di Mangiare. Sì, a Salisburgo si può andare per fare un'esperienza gastronomica, e anche per bere (spoiler: non solo birra). Dalle specialità tradizionali ai piatti creativi degli chef moderni (sapevate che il Salisburghese è la regione austriaca più bio e con più stelle Michelin e più cappelli Gault&Millau?), il menù è vario e vasto. Del resto qui l'attenzione alla buona tavola è molto antica. Lo prova uno dei più antichi e vasti ricettari europei, il Neues Saltzburgisches Kochbuch che Conrad Hagger, cuoco di corte dei principi arcivescovi salisburghesi, fece stampare nel 1719 ad Augusta: due volumi e 1700 pagine in cui descriveva più di 2.500 piatti, con 318 incisioni che mostravano quanto fossero elaborati. La sezione più vasta riguardava le torte e i dessert. Dunque, per una volta, è lecito partire dalla fine, ovvero dai dolci...
1. Le immancabili palle di Mozart
Mozartkugel o Salzburger Nockerl? Difficile mettere a confronto un cioccolatino avvolto nella stagnola e un dessert servito in un piatto. Diciamo allora che si possono amare entrambi, consci che si tratta di due simboli della pasticceria locale e del territorio salisburghese.
Il primo, noto a tutti, è il "souvenir" più acquistato dai milioni di turisti che visitano la città di Mozart. Il geniale musicista tuttavia non assaggiò mai la pralina a lui dedicata, perché fu inventata solo nel 1890, in vista del primo centenario dalla sua morte, l'anno successivo. Fu il pasticciere Paul Fürst ad avere l'idea di ricoprire di crema gianduia una pallina di verde marzapane al pistacchio e di immergerla poi nel cioccolato fondente, infilzata in un bastoncino a sgocciolare fino a ottenere un cioccolatino perfettamente rotondo. Il risultato? Un valzer di sapori che danzano in bocca, sciogliendosi lentamente. Mozart certo ne sarebbe stato entusiasta. E sarà un caso che Fürst era nato nel 1856, a cento anni esatti dalla nascita di Mozart stesso?
Il successo del Mozartkugel fu subito tale che le imitazioni si sono sprecate, anche perché Fürst non pensò di brevettarlo. Oggi così a Salisburgo dovunque si offrono palle di Mozart, a volte prodotte industrialmente in Germania o in Repubblica Ceca. Però, dopo una causa vinta nel 1996, una sola può dirsi "Original Salzburger Mozartkugel": avvolta in carta stagnola argentata con impresso il ritratto in blu di Mozart, pesa 22 grammi e si caratterizza anche per la protuberanza formata dalla goccia di cioccolato con cui, tocco finale, è stato sigillato il buco lasciato dal bastoncino.
A produrre la pralina secondo la ricetta originale è sempre la Confiserie Fürst, oggi gestita da Martin Fürst, quinta generazione di discendenti del geniale Paul. Ogni anno vengono sfornate tre milioni e mezzo di palline, fatte a mano da 15 pasticcieri: il pronipote, come già i predecessori, resiste alle proposte di produrne molte di più a livello industriale, cosa che ne abbasserebbe la qualità. Oltre al Mozartkugel, in azienda si producono altri deliziosi cioccolatini commemorativi. Come il Cubo di Bach, un cremino alla nocciola e al caffè che il padre di Martin, Norbert, propose nel 1985 per i 300 anni dalla nascita del compositore tedesco. O come il Doppler Kon(ef)fekt, strati di gianduia e tartufo allo Champagne per ricordare un altro grande figlio di Salisburgo, il fisico Christian Doppler, lo scopritore e teorico dell'effetto Doppler. In azienda non si sbottonano, ma a Salisburgo molti danno per scontato che nel 2025 una nuova pralina sarà dedicata ai 60 anni di "Tutti insieme appassionatamente" (The Sound of Music), le cui location originali attirano schiere di turisti a Salisburgo. I Mozartkugel sono spediti ovunque ma non d'estate, quando il caldo potrebbe rovinarne la qualità. Meglio assaggiarli (e acquistarli) nelle quattro sedi della pasticceria Fürst, tutte solo e soltanto in città: quella originale, sull'Alter Markt, è una Cafe-Konditorei dall'atmosfera particolarmente affascinante.
2. Le torte del Café Tomaselli
Salisburgo, del resto, è anche città dei tanti café dove è piacevole sedersi a fare colazione o a bere una cioccolata calda. Il più famoso è lo storico Café Tomaselli, sempre in Alter Markt, che è il più antico café austriaco ancora in funzione, fondato persino tre anni prima del 1703 che porta scritto sulla facciata. L'atmosfera d'altri tempi si ritrova anche nei bianchi grembiuli delle sue Kaffeedame, le cameriere del caffè.
In realtà il locale, che ha una panoramica terrazza esterna dove è sempre difficile trovare posto, si chiama così solo dal 1852, quando il pasticciere Carl Tomaselli, figlio del tenore italiano Giuseppe Tomaselli, lo acquistò dalla famiglia Staiger per 36mila fiorini. Quando lo frequentava Mozart si chiamava ancora Staigersche Kaffeehaus, Café Staiger. La vetrina del Tomaselli con venti tipi diversi di torte farebbe perdere la testa a chiunque. Sue specialità sono la torta Tomaselli, a diversi strati e con glassa al cioccolato, e l'Erdbeerschüsserl, una torta di pan di spagna, Parisercreme (cioccolato e panna montata), crema alla vaniglia, marmellata di ribes e fragole fresche. Un'altra specialità sono i burrosissimi biscotti a forma di mezzaluna con ripieno di noci e una glassa di zucchero al rum. Poi ci sono Sachertorte, torta di noci, Linzer Torte, torta al tartufo al cioccolato, la torta Foresta Nera, torta Esterhazy, la Dobostorte ungherese a sette strati che arriva direttamente dall'Impero austro-ungarico...
Ovvio dunque che non possa mancare l'altra specialità dolciaria salisburghese, altra icona della gastronomia austriaca: il Salzburger Nockerl ("gnocchi salisburghesi"). Si tratta di un soffice soufflé meringato, cotto in forno una decina di minuti. Va preparato con albumi montati a neve fino a formare tre picchi che, spolverati di zucchero a velo, rappresenterebbero le cime innevate di Gaisberg, Mönchsberg e Kapuzinerberg, le tre montagne che circondano Salisburgo. La leggenda vuole che la ricetta sia stata inventata da Salome Alt per allietare i palati dei 15 figli che fra '5 e '600 le diede il suo amante, il potente principe arcivescovo Wolf Dietrich Raitenau, che per lei fece costruire il castello di Mirabell.
3. I capezzoli di Venere - "Oh oh oh"
A Salisburgo, del resto, la pasticceria si accorda bene con l'eros. Lo dimostra anche l'ultima specialità dolciaria che citiamo (dopo, promesso, passiamo ad altro...): i capezzoli di Venere, o Venusbrüstchen, pasticcini composti da un guscio di cioccolato nero o bianco ripieno di una crema di castagne e con sopra un'amarena candita. L'aspetto può ricordare un po' le minne di sant'Agata, le famose cassatelle catanesi, ma la storia è assai diversa.
Pare che dolci chiamati "seni di Venere" fossero molto apprezzati ai tempi di Mozart. Non si sa esattamente come fossero, ma nell'anno mozartiano 1991 qualcuno ebbe l'idea di riportarli in vita: Ludwig Rigaud, ultimo proprietario dello storico negozio di specialità gastronomiche Stranz & Scio situato al piano terra della casa natale di Mozart, dove da un secolo continuava la storia secolare della Hagenauesche Spezereiwarenhandlung. Era questo il negozio di alimentari di Johann Lorenz Hagenauer, il mercante di spezie che per 26 anni affittò alla famiglia Mozart l'appartamento al terzo piano di Getreidegasse 9 e che divenne di fatto il loro banchiere e sponsor. Rigaud creò dunque questa "nuova" specialità, ispirandosi a una scena dello spettacolo teatrale Amadeus di Peter Shaffer (e del film omonimo che ne trasse Milos Forman), dove Salieri li offre a Costanza e lei assaggiandoli si entusiasma ("Oh! Oh! Oh! Sono deliziosi!").
Così i Venusbrüstchen si sono ritagliati un loro spazio, anche se dopo il fallimento di Stranz & Scio oggi sono venduti solo online o in un unico negozietto della Getreidegasse. Una bottega nella casa natìa di Mozart c'è ancora, solo che è gestita dal gruppo Spar Austria, pioniere e leader dei supermercati austriaci, che ha il suo quartier generale proprio a Salisburgo. La sua filiale sotto la facciata gialla della Mozart Gebursthaus è probabilmente il supermercato più fotografato del mondo...
4. Il pane quotidiano dei salisburghesi
Se però tutto questo risulta troppo dolce per i vostri gusti, perché non passare dalla pasticceria alla panetteria? Sì, ma in che luogo? Si tratta del segreto peggio conservato di Salisburgo, tant'è che ogni giorno qui c'è sempre gente in fila. Vale la pena, perché il pane integrale di segale a lievitazione naturale e cotto su un forno a legna che esce da queste volte a botte è davvero fragrante. E perché il luogo è davvero unico, proprio davanti all'ingresso del visitatissimo, bellissimo cimitero di San Pietro.
Qui sin dal Medioevo la Stiftsbäckerei St. Peter, il panificio dell'abbazia di San Pietro, ha panificato sfruttando per la ruota del suo mulino (oggi ricostruita) l'acqua dell'Almkanal, che scende da un tunnel di 400 metri scavato nel XII secolo attraverso il Festungsberg per rifornire la città. E oggi il quasi ottantenne fornaio Franz Grabmer continua a produrre le scure pagnotte di segale (il famoso "pane di San Pietro"), e poi Gewürzweckerl e speziati Vintschgerl, pane al latte e brioche, usando farina macinata a pietra e legna delle foreste dell'abbazia. E visto che siamo in tema e siamo nel posto giusto per parlarne, le più antiche raffigurazioni di pretzel, il pane annodato tipico dell'area germanica, si trovano in due lezionari (oggi alla Morgan Library di New York) realizzati proprio per l’Abbazia benedettina di San Pietro nell'XI secolo: in entrambi, Gesù durante l'Ultima Cena mette in bocca a Giuda un pezzo di pretzel. Non credete dunque a chi in città vi racconterà che il pretzel ricorda un nodo marinaro e che nacque a fine XVI secolo per celebrare la vittoria navale di Lepanto.
5. La rapa bianca, un simbolo che viene da lontano
Ma al di là di questa abboffata glicemica, vi chiederete, prima ancora del Mozartkugel, quale poteva essere il simbolo gastronomico di Salisburgo? Tralasciate la scontata offerta di salsicciotti (Bratwurst, Zigeunerwurst, Grillwurstel, ecc.). Poi non rispondete "il sale", che non è mica un alimento. E pazienza se la città è, storicamente ed etimologicamente, il "borgo del sale", al centro di una zona mineraria sfruttata da settemila anni. No, per trovare un altro, sorprendente simbolo locale occorre salire con la panoramica funicolare sulla possente, enorme, impressionante, inespugnata Festung Hohensalzburg, la fortezza che domina la città e il fiume Salzbach.
Mentre girate fra i suoi numerosi musei e passate dall'armeria storica alla Sala dei principi, dalla Stube dorata al Teatro magico, dal magazzino del sale alla piattaforma panoramica della Reckturm, se fate un po' di attenzione noterete un simbolo araldico che ritorna in totale la bellezza di 58 volte: una rapa bianca. L'umile radice campeggia in campo nero nello stemma del potente principe arcivescovo Leonhard von Keutschach, colui che fra il 1495 e il 1519, oltre a rendere Salisburgo uno degli stati più ricchi del Sacro Romano Impero, diede alla fortezza medievale l'aspetto attuale, facendone una sontuosa e raffinata dimora. Ma perché la rapa? Pare che la sua famiglia di origine possedesse in Carinzia grandi estensioni di campi di rape bianche, le cui radici rivestivano una grande importanza nell'alimentazione degli uomini del Medioevo e del Rinascimento, prima della scoperta dell'America. La leggenda narra che da giovane Leonhard fosse troppo indolente, al punto che uno zio gli aveva tirato una rapa in testa, costringendolo a ravvedersi.
La rapa era dunque simbolo di ricchezza, anche se i nobili del tempo preferivano vedere i loro deschi imbanditi con fantasiose pietanze a base (persino) di code di castoro, cicogne, tartarughe, zampe d'orso marinate. Fu forse proprio a un sontuoso banchetto di questo tipo che l'astuto Leonhard nel 1511 invitò sindaco e consiglieri comunali: fu l'occasione per imprigionarli tutti, obbligandoli a rinunciare al privilegio (concesso dall'imperatore Federico III d'Asburgo) di essere eletti direttamente dai cittadini.
6. La birra degli agostiniani...
Per loro insomma ci fu poco da brindare con i boccali di birra che all'epoca, viste le scarse garanzie igieniche offerte dall'acqua potabile, si dava da bere anche ai bambini. E qui veniamo a un'altra gloria salisburghese, frutto della perizia e dell'astuzia dei monaci. A Salisburgo si tramanda che alcuni benedettini portarono a Roma alcuni fusti di birra, intenzionati a ottenere dal Papa il permesso di berla durante i periodi di digiuno, per avere l'energia necessaria a lavorare. Sballottata durante il lungo viaggio ed esposta al caldo, la birra fermentò sempre più. Si rovinò o si migliorò? Fatto sta che il Papa, assaggiata quella birra così forte, disse che a berla in Quaresima non si faceva peccato. Diede persino il permesso di berne dai tre agli otto litri al giorno! Unica clausola: anche il popolo doveva poterla bere. Così i santuari e i monasteri più popolari divennero quelli dove si produceva birra migliore. E lo slogan "Hopfen und Malz, Gott erhalt's!" (Luppolo e malto, Dio li salvi!) continua a essere proclamato ancora oggi.
Uno di questi luoghi di delizie era e resta la birreria del convento di Mülln, sobborgo di Salisburgo ai piedi del Mönchsberg. Furono gli agostiniani a ricevere il permesso di produrvi birra, nel 1621. Una tradizione continuata dai benedettini dell'abbazia di Michaelbeuern, sita 30 km a nord di Salisburgo, che nel 1835 acquisirono monastero e birreria, dotandola dall'inizio del XX secolo di enormi sale per il pubblico. Oggi questo è un luogo popolarissimo tanto fra la gente locale quanto fra i turisti. Scendendo uno scalone barocco fino al piano interrato del monastero, ci si trova di colpo in una caverna di Alì Babà, dove ogni peccato di gola sembra poter essere esaudito. Pretzel, Bräustübl (panini alla birra), formaggio grigio (Graukäse) del Salisburghese, canederli al formaggio Pinzgauer, trota affumicata, salsicce, stinco di maiale, Leberkäse (letteralmente "formaggio al fegato", pur essendo un polpettone di carne macinata che non contiene né formaggio né fegato), strudel e altri piatti tipici regionali possono essere acquistati direttamente nello Schmankerlgang (la galleria delle specialità gastronomiche), allestito come un mercato tradizionale: lo stand Schwaighofer è attivo dal 1918!
Da qui si passa allo sterminato locale della Bräustübl più grande dell'Austria, una taverna birraria con una superficie di 5.000 mq, sei sale per oltre mille posti a sedere. Un angolo della birreria, lo Schlappstüberl, è riservato ai soci dello Schlappgesellschaft, uno dei più antichi club di Salisburgo. Se non bastassero, altri 1400 posti si trovano all'ombra dei castagni del biergarten. Caratteristica unica del luogo è che la birra viene spillata da botti di legno, davanti a cui si fa la fila per farsi riempire la brocca di pietra o il boccale. Alla Augustiner Bräu la birra è da sempre prodotta in modo artigianale, con malto, acqua, luppolo, lievito e senza conservanti, secondo la Reinheitsgebot, il decreto bavarese del 1516 sulla purezza che è la più antica regolamentazione emessa nel settore igienico-alimentare. Le varianti sono solo due: la Bock, più forte, e la luppolata Märzen.
7. ...quella della famiglia Sigl...
Altra notevole realtà storica è poi la Birreria Trumer, già Privatbrauerei Josef Sigl, che nel 1601 ricevette dal principe vescovo Wolf Dietrich von Raitenau la licenza per produrre a Obertrum am See, 15 km a nord di Salisburgo. Acquistata nel 1775 dal commerciante di luppolo Josef Sigl, è passata via via a una serie di discendenti, tutti di nome Josef. Gestita oggi da Josef C. Sigl VIII, ottava generazione a condurre l'azienda di famiglia, ha fra l'altro sviluppato i primi bicchieri da birra in vetro soffiato al mondo: uno di essi, lo Slim Bar, nominato bicchiere da birra più bello del mondo, è esposto al MoMa di New York.
Sulla piazza del paese di Obertrum c'è una "fontana della birra Trumer" dove, in determinate occasioni festive, si può attingere birra invece che acqua. Tutto l'anno invece si può visitare il Trumer Welt, dove è pure possibile produrre la propria birra guidati da un birraio esperto. A condurre le visite guidate è spesso l'entusiasta signora Johanna Panholzer, che ha sempre lavorato in azienda e che è la prima donna austriaca sommelier della birra. Una innamorata della birra che infarcisce le spiegazioni di gustosi aneddoti. Come quando spiega perché in tedesco di una persona propensa a ripetere sempre gli stessi errori si dice che "con lui si perdono il malto e il luppolo": il detto allude ai cattivi birrai che, prima dell'arrivo dei frigoriferi, lasciavano fermentare troppo la birra.
8. ...e quella del birrificio Stiegl
Infine, a provare definitivamente che Salisburgo è la capitale austriaca della birra, c'è una realtà dalle origini ancora più antiche come Stiegl, il birrificio in mani private più grande dell’Austria, capace di produrre un milione di litri di birra l'anno. Le sue origini sono attestate già in un documento datato 16 giugno 1492, nel centro storico di Salisburgo, dove si trovava una Bräuhaus an der Gstätten. Proprio accanto c'era una piccola scalinata da cui deriva il nome assunto in seguito dal birrificio, Stiegl, "piccoli gradini".
All'epoca Salisburgo arrivò a contare una dozzina di birrifici (un centinaio nella regione salisburghese), ma Stiegl presto si impose come il principale, capace di produrne ben 100.000 litri nel solo anno 1664. Pare che la birra scura e aromatica prodotta da Stiegl in quei tempi fosse apprezzata anche da Mozart (nell'agosto 1780 la sorella Nannerl scriveva nel suo diario: "Alle 3 siamo passati dallo Stielgbräu per vedere giocare ai birilli"). Sopravvissuta e rinata dopo il devastante incendio del 1875, la birreria oggi della famiglia Kiener ha stabilito record di produzione annua, toccando per la prima volta nel dicembre 2009 il milione di ettolitri.
Oggi il suo Stiegl-Brauwelt (Mondo della birra Stiegl) è una delle maggiori attrazioni turistiche della città, il più grande "parco a tema birra" d'Europa. Nei suoi 5.000 mq si visita la moderna sala di cottura, si osserva come avviene l’imbottigliamento di 90.000 bottiglie all'ora, ci si immerge in esperienze multivisuali e interattive, oltre che in concerti e performance cabarettistiche. Naturalmente si possono assaggiare specialità gastronomiche tutte a base di birra, nella Bräustüberl e nel giardino annesso, o pranzare nel ristorante gourmet Paracelsusstube. Vedendo la birra scorrere a fiumi, appare strano e un po' paradossale che fu proprio Stiegl nel 1954 a introdurre la Coca-Cola a Salisburgo, grazie alla sua capacità di imbottigliamento.
9. I piatti gourmet nell'Hangar-7
Coca-Cola? I principi-arcivescovi inorridirebbero, ma oggi a Salisburgo si beve anche molto altro. La città, lo sapevate?, è la patria di Red Bull, l'azienda che ha reso Dietrich Mateschitz (1944-2022) uno dei cento uomini più ricchi del mondo. Proprio da Salisburgo negli anni 80 il geniale imprenditore partì alla conquista del mondo con la sua bevanda energetica, oggi disponibile in oltre venti varianti alle quali di recente si è affiancata una linea di soft drinks.
La potenza di fuoco del marchio salisburghese e il suo legame strettissimo con il mondo dello sport è evidente in una delle attrazioni più visitate della città, la straordinaria architettura futuristica dell'Hangar-7. Costruito nel 2003 accanto alla pista dell'aeroporto, espone nel suo enorme ventre di vetro le auto di Formula 1 della scuderia Red Bull assieme alla collezione di aerei storici dei Flying Bulls, tutti in grado di volare! Museo e galleria d'arte sono da vedere e da vivere, ma l'Hangar-7 è anche un luogo votato alla cucina creativa, ambasciatore dell'altro volto gastronomico del Salisburghese, la regione con il maggior numero di cuochi stellati di tutta l’Austria. Dimenticate dunque crauti e stinco di maiale quando entrate nel ristorante gourmet Ikarus, teatro di un esperimento unico: mantenere le sue due stelle Michelin pur cambiando ogni mese lo chef e il menù, ovviamente, che può essere tradizionale, fusion, molecolare, etnico ecc., a seconda del cuoco ospite.
10. Il vino, tornato a nuova gloria
Se poi birra, Coca-cola e Red Bull non bastassero, a Salisburgo si è iniziato anche a produrre e bere vino. O forse sarebbe meglio dire "si è tornati", se il coltello romano ritrovato dagli archeologi sotto la Kajetanerplatz era effettivamente da vignaiolo. A causa del peggioramento del clima, però, la viticoltura nel Medioevo si ridusse a poca cosa, e nel XIX secolo si estinse del tutto. La svolta vinicola è recentissima, chissà se favorita dal riscaldamento climatico.
Nel 2008 i Salzburger Pfadfindern (ex capi scout e genitori di boy scout salisburghesi) hanno piantato alcuni vigneti sul Mönchsberg, vicino alla fortezza di Hohensalzburg, e tre anni dopo hanno presentato il frutto della prima vendemmia, un Frühroter Veltliner. L'etichetta "Paris Lodron Zwinger" omaggia il grande principe-arcivescovo di origine trentina che nel '600 mutò il volto di Salisburgo (il leone nello stemma dei Lodron aveva la coda attorcigliata a forma di pretzel). Da allora le zone vinicole salisburghesi sono salite a sette: una di esse, Vinum Buranum, ha messo a dimora duemila viti proprio sulla collina dove a metà del 400 i monaci dell'abbazia di Michaelbeuern ne avevano piantate il doppio. Tutte le sette zone vinicole sono presentate nel Museo della viticoltura salisburghese (Weinbau Museum Salzburg) allestito dagli scout nel corpo di guardia della Georgsturm, una torre militare del Seicento. Aperto da maggio a ottobre ogni primo sabato del mese, espone un torchio, attrezzi antichi, pannelli illustrativi, mentre in un piccolo vigneto modello al suo esterno sono rappresentate tutte le varietà di uve coltivate oggi nel Salisburghese.
11. Il prezioso caviale bianco
I vini salisburghesi sono bianchi, adatti dunque a pesce e prodotti ittici. Per la chiusura, quanto mai lussuosa e goduriosa, ci spostiamo dunque pochi chilometri a sud del centro storico, a Grödig. Questo villaggio sotto il massiccio dell'Untersberg (su cui passa il confine con la Germania) meriterebbe di apparire sul Guinness dei primati. Sì, perché viene da qui il caviale più raro e prezioso del mondo, quello bianco. Walter Grüll, un uomo che sembra trasformare in oro quel che tocca, lo estrae dagli storioni albini che alleva per 14-16 anni nell'acqua purissima delle Alpi salisburghesi e lo commercializza a 15.000 euro al chilo ("Ma il sapore è più puro, la consistenza più morbida", dice lui).
Se vi pare caro, trovate più ragionevoli alternative nel raffinato bistrot, dove si può gustare tutto quanto si vede nel bancone della pescheria adiacente (e nella vasca delle ostriche). Fra le golose innovazioni pensate da Grüll figurano, per esempio, croccanti wurstel di salmone al 100%, chips di storione, "Strottarga" di storione con cui condire la pasta, praline di cioccolato e caviale, tre varietà di vodka al caviale (quella al caviale bianco è probabilmente la vodka più costosa del mondo). E il vulcanico imprenditore organizza anche "esperienze" di gruppo di 3-4 ore in cui ciascuno può produrre il suo caviale, 50 grammi da portarsi a casa.
INFORMAZIONI
- Tutte le informazioni su Salisburgo sul sito www.salzburg.info/it e sul sito www.austria.info.
- La Salzburg Card comprende l’ingresso nelle attrazioni e nei musei di Salisburgo, l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici (incluso funicolare della fortezza, funivia dell’Untersberg, ascensore del Mönchsberg, navigazione sulla Salzach) e altre agevolazioni. Acquistabile online, negli hotel e negli uffici turistici di Salisburgo, è disponibile nei formati per 24, 48 o 72 ore, al prezzo di 28, 36 o 41 euro (metà prezzo fra 6 e 15 anni).