Il Touring Club Italiano sostiene Va' Sentiero, il progetto di cinque ragazzi che da maggio 2019 hanno iniziato a percorrere tutto il Sentiero Italia. Alla pagina www.touringclub.it/vasentiero tutti gli articoli dedicati al cammino, con resoconti periodici e approfondimenti sulle varie tappe. Seguite anche voi Va' Sentiero, partecipate a una tappa e condividete i contenuti!
A un certo punto, tra una nuvola e l'altra, un crinale spazzato dal vento e una faggeta scivolosa, un laghetto imprevisto e un sorriso di un cercatore di funghi, svalicando di continuo dall'Emilia alla Toscana e dalla Toscana all'Emilia, a un certo punto ai ragazzi di Va' Sentiero sono arrivate queste parole.
L’Alpe si scala, l’Appennino si viaggia.
Dall'Alpe si vede l’universo e forse anche Dio.
Ma dall’Appennino si vedono gli uomini e anche il mare.
Ed è forse in queste poche righe di Maurizio Maggiani che si può cogliere il senso di questa piccola grande catena che attraversa l'Italia, meno celebrata delle dolomie del Triveneto e dei graniti valdostani, ma cerniera di popoli, scrigno di saperi, passaggio di genti fin dalla notte dei tempi. "Non ci poteva essere introduzione migliore di quella che ci ha fatto il direttore del parco nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano, leggendoci le parole di Maggiani" racconta Francesco. Per avere sempre in mente che le montagne italiane, e gli Appennini in particolare, non sono soltanto cime e ghiacciai, ma anche persone, tradizioni, civiltà.
Foto Sara Furlanetto
IL VENTO DEL PARMIGIANO
Avevamo lasciato Yuri, Francesco, Sara, Andrea e Giacomo al confine tra Liguria ed Emilia Romagna, con arrivo della tappa al passo di Cento Croci e poi pernottamento a Varese Ligure. "La giornata successiva" prosegue Yuri "io e il mio amico Diego ci siamo messi a fare l'autostop per raggiungere il passo di Cento Croci, dove avevamo lasciato il sentiero, ma non passava mai nessuno... per fortuna ci ha dato uno strappo l'ex sindaco di Varese Ligure, nonché proprietaria dell'alberghetto dove avevamo dormito! Una signora davvero in gamba, che ha investito tanto per la "sua" valle, puntando sulle energie alternative e sul biologico".
Ad attendere i ragazzi le "solite" nuvole basse, "ma in realtà l'atmosfera era suggestiva, camminavamo nelle faggete, c'era vento, ogni tanto si aprivano squarci nelle nuvole e raggi di luce fortissima illuminavano pezzi di bosco...". Così tra una chiacchiera sui Muhammad Ali e un'altra su Roger Federer, i due ragazzi sono arrivati fino a un punto in cui il grigio si è dissolto e sono finalmente comparse le Alpi Apuane. "Dopo giorni di dossi, di colli, di forme rotonde, quasi femminili, eccole, le Apuane, con le loro guglie totalmente incongruenti con il paesaggio circostante!". Arrivo al passo dei Due Santi, tra la provincia di Parma e quella di Massa Carrara.
In contemporanea, un altro gruppo - Giacomo, Andrea, Mattia e Francesco - dopo aver soggiornato al rifugio Zum Zeri proprio al passo dei Due Santi (e aver gustato degli ottimi pansotti preparati da un ragazzo senegalese), si incamminava verso il passo della Cisa. "Sapevo che il panorama era bellissimo dal passo" racconta Andrea "e volevo fare un video la mattina all'alba, immortalando le pale eoliche, le Apuane e la costa tirrenica... peccato che ci siamo svegliati circondati da nebbia e pioggia! Ma abbiamo aspettato, e l'attesa è servita: il cielo a un certo punto si è aperto e sono riuscito a scattare la foto che volevo, anche se il mare, in fondo, era coperto di nubi". "È un luogo affascinante, questo passo" aggiunge Francesco "anche perché da qui i venti marini dal golfo della Spezia si insinuano nella Pianura padana, andando ad accarezzare le colline emiliane... e a regalare caratteristiche gustative eccezionali a tutti quei prodotti che sono eccellenze italiane nel mondo, dal prosciutto di Parma al culatello, fino al parmigiano reggiano. È il tocco segreto delle eccellenze Made in Italy!".
La vista dal passo dei Due Santi. Foto Andrea Buonopane
"La tappa verso la Cisa è stata un po' inquietante" ricorda Andrea "non abbiamo visto nulla o quasi a causa della nebbia, camminavamo tra i faggi o nelle pinete, in una luce cupa... sembrava quasi di essere in un film di Harry Potter, con quelle palette di colori cupe e sfumate". Pozzanghere sotto le foglie, il sentiero che a tratti sembrava una piscina, un po' di musica a rallegrare gli animi, qualche cercatore di funghi... "Abbiamo passato diverse cime dai nomi strani, Zoccone, Borraccia, Cucco, Pelata. Poi da metà tappa il vento si è alzato e non ha più piovuto: abbiamo proseguito fino al passo della Cisa su strade carrozzabili, ma senza avere mai la possibilità di vedere quello che ci stava intorno".
Verso il passo della Cisa. Foto Andrea Buonopane
Al passo della Cisa, nel Comune di Berceto (Parma), ecco il santuario della Madonna della Guardia, omonimo di quello incontrato dai ragazzi sulle alture di Genova. "Una struttura neogotica, costruita tra il 1919 e il 1922" racconta Francesco "pensa che nel 1965 la Madonna della Guardia della Cisa fu proclamata patrona degli sportivi di tutto il mondo". A colpire i ragazzi soprattutto le vetrate colorate del deambulatorio, da cui filtrava una luce mistica. "Il passo della Cisa, che dà il soprannome anche all'autostrada che scavalla l'Appennino e passa lì vicino, è anche la porta d'ingresso della via Francigena Toscana" aggiunge Andrea.
Nostra Signora della Guardia, Passo della Cisa. Foto Sara Furlanetto
Dopo una lunga attesa del van guidato dal fido Giovanni, tutti i ragazzi sono scesi ad Apella, frazione del comune di Licciana Nardi, in Lunigiana. "Un borgo bellissimo" continua Andrea "feudo dei Malaspina, dove siamo stati ospiti di Mauro nel suo agriturismo Montagna Verde. Mauro ha creato un albergo diffuso, ristrutturando alcune case nel paese medievale; e nel corpo centrale della torre ha realizzato un ristorante. Qui ci siamo fermati per un giorno di pausa e abbiamo avuto modo sia di degustare i prodotti locali sia di esplorare il paese".
"Abbiamo assaggiato gli sgabei, piccoli gnocchi fritti tipici di questa zona" aggiunge Francesco "e poi mi ha colpito l'essiccatoio per le castagne, con il fuoco alimentato dalle bucce delle castagne e il piano su cui i frutti si seccano in maniera lenta: una volta pronti, vengono macinati per ricavarne una farina bianca. Naturalmente la castagna è una Dop, chiamata appunto castagna della Lunigiana dop." Sempre ad Apella, la sera, un bell'evento partecipato, insieme alla fondazione Carispezia, al parco nazionale Appennino Tosco Emiliano, al Cai locale, a varie associazioni. Dove appunto il direttore del parco dell'Appennino Tosco Emiliano ha citato le parole di Maggiani, spiegando ai ragazzi che tutta l'area è stata recentemente insignita dall'Unesco del prestigioso marchio di "Riserva della biosfera" - luoghi speciali dove la conservazione della biodiversità va a braccetto con l'utilizzo sostenibile delle risorse naturali a beneficio delle comunità locali.
Il borgo di Apella. Foto Sara Furlanetto
IL VENTO SUL CRINALE
"Sono ben contenta di raccontarti questa tappa" sorride entusiasta Sara "perché è stata stupenda e anche perché è stata la prima giornata di bel tempo dai tempi delle Alpi Marittime! Dal passo della Cisa siamo partiti per una giornata lunga e partecipata: con noi c'erano già il nostro amico Luca e Claudia, una ragazza di Brescia che lavora al rifugio Fuciade, poi al passo del Cirone abbiamo incontrato ben venti persone che ci aspettavano!". A dare il benvenuto ai ragazzi era l'Associazione Sentieri Liguri Apuani, con base ad Aulla. "Li avevamo già conosciuti l'anno scorso, gente in gamba, molti di loro sono guide ambientali escursionistiche, attivi nella promozione territoriale. E hanno voluto condividere un pezzo di sentiero con noi: Daniele, Marco, Edoardo... impossibile nominare tutti, ma c'erano persone di ogni età, dal ragazzino di dodici anni fino a Dino, signore ottantenne che ci dava la birra... magari arrivare alla sua età così in forma!".
Dino in cammino verso il monte Orsaro. Foto Sara Furlanetto
Il sentiero, tra i boschi e poi in cresta, è passato dal monte Orsaro, in un tipico contesto appenninico di crinali e di prati. "Ci siamo fermati per il pranzo, c'era finalmente una vista splendida, con le Apuane di fronte a noi" continua Sara "poi abbiamo fatto una deviazione per il monte Marmagna, a 1852 metri di quota, la cima più alta della zona. Qui ci siamo salutati: il gruppo doveva ripartire verso il passo del Cirone, dove erano state lasciate le auto. Foto di gruppo e grandi abbracci, un momento davvero da ricordare".
Verso il monte Marmagna con gli amici dell'Associazione Sentieri Liguri Apuani. Foto Sara Furlanetto
Foto di gruppo sul Monte Orsaro. Foto Andrea Buonopane
Ma la giornata non era ancora finita. "Dovevamo raggiungere il Lago Santo Parmense, quella sera, per pernottare al rifugio Mariotti" spiega Sara "contavamo di essere giù in un'ora, così ci siamo fermati sotto la croce del monte Marmagna ad aspettare il tramonto, riposando, sognando, riflettendo. A mano a mano che scendeva la sera l'aria si faceva sempre più fredda: per riscaldarci, qualcuno ha messo su della musica e abbiamo improvvisato un ballo di gruppo!". E mentre un sole incandescente scendeva all'orizzonte, il gruppo finalmente si è mosso verso valle, accendendo le lampade frontali. "È stato bellissimo arrivare con il buio al Mariotti, posto proprio in riva al lago: lì ci attendevano le cameriere Lucia e Martina, che venivano da una giornata di fuoco, avevano preparato 300 coperti, erano stanchissime!". "Ma eravamo gli unici ospiti quella notte e nonostante la fatica ci hanno davvero coccolato" aggiunge Andrea.
Aspettando il tramonto sul monte Marmagna. Foto Sara Furlanetto
La vista dal monte Marmagna. Foto Sara Furlanetto
Scendendo verso il rifugio Mariotti. Foto Sara Furlanetto
"La mattina dopo ci siamo resi conto di quanto bella fosse la situazione attorno" prosegue Andrea. Il rifugio Mariotti è posto proprio in riva al lago, tra i faggi ormai spogli". Siamo nel Comune di Corniglio, in provincia di Parma, sempre nel parco nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano. "Già tirava vento, era solo un antipasto di quello che avremmo trovato poco dopo...".
Il rifugio Mariotti sul Lago Santo. Foto Sara Furlanetto
"Siamo ritornati al passo fino poi ad arrivare sulla cima del monte Aquila" prosegue Andrea "a quota 1750: non ti dico il vento, fortissimo e freddo, ci siamo messi addosso praticamente tutto quello che avevamo a disposizione, scaldacollo, cappelli, guanti, qualsiasi cosa!". Difficile anche camminare, con il vento laterale: "le raffiche ci sbilanciavano parecchio, soprattutto in cresta. Ed era incredibile come le nubi viaggiassero veloci, dal fondovalle arrivano in cima e poi svanivano nel nulla. Certo, anche qui il panorama sarebbe stato straordinario, con il sole e il cielo limpido, ma anche questa giornata ha avuto il suo perché".
Passati una serie di laghi e laghetti, piccoli e grandi, che segnano tutta questa parte di Appennino - il parco era chiamato "dei cento laghi", prima di diventare parco nazionale - Va' Sentiero è arrivato su un'ultima cresta per poi riscendere al rifugio albergo Prato Spilla, dove sono stati realizzati degli impianti sciistici. "Pensavo fosse la fine della tappa, invece ad attenderci c'erano ancora 4 km verso il passo del Lagastrello... un'ultima salita e soprattutto 500 metri di discesa a picco in una faggeta, su un letto di foglie scivolosissime dopo la pioggia. Giovanni ci aspettava dalle 13.30, siamo arrivati alle 16!" conclude Andrea.
Sul crinale verso Prato Spilla - foto Andrea Buonopane
Qualcuno esagera con il vento... Foto Andrea Buonopane
IL VENTO DELLA GIOVENTÙ
"Il passo del Lagastrello, sempre sul confine tra Toscana ed Emilia Romagna, era un passo importante sin dal tempo dei Romani" spiega Francesco "Da qui abbiamo avuto la fortuna di vedere la famosa Pietra di Bismantova in lontananza, un monolito che si erge dalle colline con la sua curiosa forma... peccato solo non poterci andare!". "Ci siamo incamminati di nuovo tra le nuvole basse verso il rifugio Città di Sarzana" continua il racconto Yuri "in un paesaggio costellato di laghi dall'acqua cristallina. Il rifugio, ormai chiuso per la pausa invernale, è in un sito bellissimo". poi discesa alla località Ghiaccioni, in una sorta di anfiteatro glaciale, tra capitomboli sulle foglie scivolose; poi ancora una bella salita fino al passo di Pietra Tagliata. "Era da tempo che non facevamo una salita così pendente: 400 metri in un paesaggio lunare, dove non cresce nulla per via del vento, l'abbiamo affrontata a cuore aperto a 1000 all'ora, sembrava di essere nelle Highlands scozzesi, sia per il clima sia per i colori che avevamo intorno!".
Pranzo al passo del Cerreto, altro importante valico di comunicazione tra la provincia di Massa e quella di Reggio Emilia. "Il simpaticissimo proprietario del ristorante ci ha fatto da cicerone con entusiasmo contagioso" racconta Francesco "abbiamo scoperto che il passo è una porta euromediterranea, nel senso che è un confine naturale tra il clima europeo e il clima mediterraneo: e non è solo una differenza di temperature e di clima, ma anche di culture e di popoli, basta pensare che storicamente da una parte si utilizza l'olio e dall'altra il burro".
In marcia per la seconda tappa del giorno, che i ragazzi hanno affrontato nella stessa giornata. "Faticosa la salita al Monte La Nuda, 800 metri di dislivello sotto la pioggia" ricorda Yuri. "Meno male che a metà salita ci siamo imbattuti nel bivacco Rosario, un gioiellino che sembrava una casa nella foresta, quasi fosse uscito da un libro per bambini". Poi l'arrivo in cima, dove "a testimonianza del vento che può tirare in zona abbiamo trovato una antenna tranciata dalle raffiche, di cui metà era a terra e metà ancora in piedi. Abbiamo camminato più veloce che potevamo per tirarci via dal vento... fino ad arrivare al passo della Pradarena, dove un signore emiliano verace ci ha fatto entrare nell'albergo chiuso per la stagione e ci ha offerto un bicchiere di vino. Come sempre, l'ospitalità delle persone è impareggiabile". Il passo segna il confine tra la provincia di Lucca e quella di Reggio Emilia: dalla Lunigiana si passa alla Garfagnana (per quanto riguarda la parte toscana, ovviamente).
Giacomo non è di molte parole, a raccontarci la tappa successiva fino al Passo delle Radici: causa maltempo non c'è stata grande possibilità di vedersi attorno, "anche se il crinale impervio tutto ricoperto da erbe gialle è sempre suggestivo". Unico punto di interesse, il Passo delle Forbici, a metà percorso: "qui un pannello realizzato dal Comune di Villa Minozzo racconta la storia di quando "l'uomo prese la mira per uccidere l'uomo": in un agguato, il 2 agosto 1944, caddero sei partigiani italiani della brigata Stella Rossa e un patriota sovietico. A loro memoria sono stati realizzati un cippo e una fontana".
Sul crinale verso Passo delle Radici - foto Giacomo Riccobono
Come spesso succede, dopo una giornata anodina ne arriva un'altra entusiasmante. "Anzi, una delle più entusiasmanti di Va' Sentiero" incalza Yuri "per gli incontri, l'entusiasmo, la festa, il piacere di essere insieme. In realtà tutto era iniziato con il canonico cielo grigio e umidiccio, e un episodio divertente: una signora che si era messa a camminare dietro di noi senza essersi accorta che stava seguendo il gruppo sbagliato!". Poi i primi incontri: prima di San Pellegrino in Alpe con Monica e suo padre Luigi, "che oltre a donarci delle marmellate di loro produzione, ci hanno voluto offrire la colazione e spendere del tempo con noi, raccontandoci del loro lavoro, del loro amore per la terra e dell'importanza del senso di circolarità, che in montagna si coglie a pieno" spiega Sara. Luigi ha un'azienda agricola a conduzione familiare a Sant'Annapelago, in provincia di Modena, poco lontano: "un vero esempio di resilienza" commenta Yuri.
Luigi, titolare di un'azienda agricola a Sant'Annapelago. Foto Sara Furlanetto
Via per i boschi, poi sul crinale. "Una parte del sentiero è stata soprannominata "il giro del diavolo": la leggenda racconta che il diavolo schiaffeggiò San Pellegrino facendogli fare diversi giri, ma il santo riuscì a resistere" racconta Yuri. Nuvole, non nuvole, vedi non vedi, fino ad arrivare al colle della Bruciata. "Qui ci aspettavano quattro famiglie del Cai di Siena, in realtà provenienti da varie parti d'Italia, veri e propri fan di Va' Sentiero! È stato bellissimo camminare con loro, tra chiacchiere e racconti in un clima allegro, con una marmaglia di bambini che ci seguivano. Ci hanno accompagnati fino al rifugio Vittoria sul Lago Santo modenese". I ragazzi avrebbero dovuto pernottare qui, ma si sono fatti ingolosire dall'idea di raggiungere il bivacco Lago Nero: così sono entrati nel rifugio soltanto per una sosta. "Sosta che però si è assai prolungata". ride Yuri "Il gestore Massimo ci ha offerto un primo giro di mirtillino, poi un secondo, poi abbiamo fatto per salutare ma è arrivato il vin brulé, e via andare...". Morale della favola: "siamo usciti davvero un po' storti, che stava diventando buio".
Foto di gruppo di fronte al rifugio Vittoria. Foto Sara Furlanetto
E dunque gli ultimi 7-8 chilometri sono stati percorsi con le pile frontali e il gps, navigando a stento nel buio e mettendo un passo dietro l'altro tra la nebbia, in una "tensione bella che ci stringeva l'uno all'altro", come racconta Yuri. "Praticamente siamo andati a sbattere contro il bivacco Lago Nero, ce lo siamo ritrovati davanti all'improvviso. Ma dentro, che festa!". Il bivacco è gestito dai volontari del Cai di Pistoia, che ogni finesettimana salgono e riscaldano la struttura: "l'elettricità non c'è e tutto viene illuminato con le candele, prova a immaginare che atmosfera. E poi le chitarre, un clima da locanda da far West, un cameratismo istintivo... ci siamo subito sentiti a nostro agio".
Ad aspettare i ragazzi c'erano i due volontari di turno, Andrea e Cristina, "lei 55 e lui 63 anni, avrei dato 15 anni in meno a entrambi, lei una bellissima donna, lui giovane di spirito e di cuore"; e poi tanti ragazzi, tra cui cinque ventenni bolognesi saliti apposta per incontrare il team, Giovanni, Matteo, Sara, Elena e Anna. "Sembrava di essere a una festa, tra risate e provocazioni, tra cui un difficile discorso sul pane toscano senza sale...". Pasta coi funghi, costine, vino a fiumi, e poi la sfida finale a bere "la grappa del diavolo": "già avevo visto galleggiare il peperoncino all'interno... è bastato bagnarci le labbra perché ci si immobilizzasse la bocca!" ride Yuri "e i ragazzi hanno aspettato ben dieci minuti per darci le tazze di latte che avevano pronte...".
Il racconto si conclude con l'ultima tappa di questo capitolo, fino ad Abetone, "una veloce passeggiata di due ore in un tempo da lupi" ricorda Giacomo. Da qui il trasferimento a Castelnuovo di Garfagnana, tornando un po' indietro nel percorso, dove i ragazzi avevano programmato una giornata di pausa. "Un paese interessante, ricco di storia" spiega Francesco "pensa che Ludovico Ariosto venne mandato qui da Alfonso I D’Este come commissario per mettere fine al banditismo che imperversava nella zona. Ancora oggi, il nome Ariosto campeggia su più di un'insegna... Poi a Castelnuovo transitarono in molti, anche Napoleone. E, come racconta Maurizio Maggiani in un bel libro, di qui passava la linea gotica". Ma perché Va' Sentiero ha scelto di tornare proprio a Castelnuovo?
Castelnuovo di Garfagnana. Foto Sara Furlanettotosco
Il motivo è semplice: per organizzare un evento serale, uno dei più in questi mesi di cammino. "Ci tenevamo moltissimo alla serata del 3 novembre" raccontano all'unisono "perché Castelnuovo di Garfagnana è un posto speciale: proprio qui, nel 1983, vennero poste le basi per il Sentiero Italia, nel senso che un gruppo di persone ebbe per la prima volta l'idea di un percorso che unisse tutta l'Italia a piedi". A partecipare all'incontro c'eravamo anche noi del Touring, insieme ad Alberto Pugnetti di Radio Francigena (che racconta Va' Sentiero tutte le settimane via radio) e al presidente e direttore dell'Associazione Sentiero Italia, rispettivamente Riccardo Carnovalini e Gianfranco Bracci, due delle persone che si erano riunite in quella lontana giornata del 1983. "È come se si fosse chiuso un cerchio: eravamo tutti sul palco insieme, un momento intenso, soprattutto quando penso che tre anni fa quella di Va' Sentiero era solo un'idea balzana di tre ragazzi in pizzeria..." commenta Giacomo.
Dapprima un momento di condivisione e brindisi nella Sala Suffredini in piazzetta Ariosto, dove il sindaco ha portato i saluti del Comune e un rappresentante del Cai locale hanno dato il benvenuto. Poi l'evento vero e proprio nel bellissimo Teatro Alfieri, un piccolo tesoro ottocentesco. Carnovalini e Bracci hanno raccontato come nacque il Sentiero Italia, Pugnetti come sia sempre più importante il tema dei cammini al giorno d'oggi, Yuri, Sara e Giacomo di come abbiano dapprima pensato a Va' Sentiero, poi organizzato, progettato e finalmente camminato. Importante soprattutto il momento in cui Carnovalini e Bracci hanno "passato il testimone" ai ragazzi: "dopo oltre 30 anni, non speravamo più che qualcuno raccogliesse la nostra eredità. È venuto il momento perché forze più giovani come quelle di Va' Sentiero diano nuova linfa e nuova vita al trekking più lungo del mondo". A chiudere la serata, le ipnotiche note del chitarrista e compositore romano Stefano Barone.
A un certo punto sembrava quasi una serata di commiato, di addio, di fine lavori, ma ovviamente non era così. Non è neppure terminata la prima parte di Va' Sentiero, che quest'anno si concluderà il 29 novembre a Visso, nelle Marche. E poi c'è tutto il 2020 ad attendere i ragazzi, con l'Appennino che continua fino in Calabria, e poi la Sicilia e la Sardegna. Ancora mille storie di uomini da raccontare. E anche di mare, come diceva Maggiani.