Da dove arriva il pesce che mangiamo? Come è stato pescato? In quali acque ha vissuto? Insomma, sappiamo che pesci prendere, prima di metterli in tavola? Sembra di sì, che qualcuno lo sappia e anzi abbia da dire qualcosa di autentico nell’oggi della cucina italiana. Chef, ristoratori, attori del mondo del food che stanno scongiurando un futuro oscuro in cui per salvare i nostri mari dovremmo rinunciare completamente al pesce.

La via più equilibrata, dove pesca sostenibile e rispetto per l'ecosistema convivono con il piacere della buona cucina passa attraverso la riscoperta delle specie ittiche meno conosciute: sugarelli, papaline, cicerelli, lampughe. Pesci che i nostri nonni conoscevano e che oggi possono tornare ad arricchire i menu salvaguardando la biodiversità marina.

A guidare questa piccola rivoluzione a tavola sono chef che con il loro lavoro si stanno distinguendo e a cui si è dato il giusto spazio nella nuova Guida Ristoranti d'Italia 2026, nuova perché innovativa nel percorrere le strade che portano dal territorio al piatto, con tutto quello che può starci nel mezzo di gustoso e persino etico.

I PESCI CHE FANNO LA DIFFERENZA

Per salvare il mare la soluzione non è la rinuncia ma l'aggiunta: più conoscenza, più creatività, più diversificazione a tavola. La sostenibilità marina passa attraverso una maggiore cultura, perché non è più possibile conoscere solo venti pesci e mangiarne dieci. Con un minimo di informazione in più, potremmo contribuire a difendere l'ambiente marino, scegliendo pesci meno comuni o finora ignorati, a discapito di quelli più tradizionali e sovrasfruttati.

Lo scorso aprile il ministero dell'Agricoltura lo ha messo nero su bianco,  pubblicando un decreto con l'elenco di oltre mille specie ittiche di interesse commerciale, quindi commestibili. Soltanto con la lettera A scopriamo che non esistono solo alici, aringhe, astici e aragoste, ma anche aguglia, abramide, abalone, alborella... e sotto la B oltre ai noti baccalà e branzino, troviamo il baboso, la bavosa pavone, il bogamarrino e così via.

Scorrendo questa simil tavola periodica ittica scopriamo che sono circa sessanta solo i tipi di gamberi diversi in tutto il mondo, venti i merluzzi, oltre venti le cernie: ma quanti consumatori ne sono a conoscenza? Solo tra i vari gamberi, il gambero rosa si può fare in insalata con i carciofi, il gambero rosso crudo, il gambero argentino con la pasta fillo, il gamberetto boreale nel cocktail, il gobetto fritto...

Ecco perché bisognerebbe allargare gli orizzonti e costruire una nuova cultura del pesce a tavola, con un maggiore coinvolgimento del consumatore guidato dai ministeri e delle associazioni di categoria, ma anche dagli chef che in questo possono fare la differenza.

In questo sta dando una mano Assoittica, che ha creato la prima rete nazionale degli istituti alberghieri dell'ittico al fine di formare gli chef di domani su un numero sempre più elevato di specie, così da poter offrire ai clienti un paniere molto più vasto. Dall'associazione dicono "la sostenibilità passa dalla conoscenza, il fermo pesca non è la sola misura sufficiente a salvaguardare il presente e il futuro del mare".

Anche gli amici del WWF danno manforte e dal loro osservatorio invitano a diversificare le scelte e a cercare le specie meno comuni pescate possibilmente a "miglio zero", includendo nella dieta varietà aliene e invasive, così da contribuire a controllarne la proliferazione,

Facciamo un esempio lampante, quello del granchio blu, il cosiddetto "killer dei mari". Arrivato con i cargo dall'Atlantico, sta minacciando gli ecosistemi di Toscana e Veneto, in particolare le specie autoctone e le attività di pesca, causando perdite economiche che Fedagripesca-Confcooperative stima intorno ai 100 milioni di euro. Nonostante i 2,9 milioni di euro stanziati dal governo per contenerne la diffusione, una soluzione possibile, anche secondo Coldiretti, è considerarlo appunto una risorsa alimentare: negli Stati Uniti è già consumato abitualmente, lessato e poi fatto in insalata. In effetti il granchio blu è buono, economico e con ottime proprietà nutrizionali, adatto a preparazioni casalinghe come gli spaghetti e le bruschette ma anche a creazioni più elaborate degli chef.

GLI CHEF CHE FANNO LA DIFFERENZA

Lasciamo ora parlare chi sta facendo la differenza in questo mare magnum. Chiara Pavan, chef blasonata di Venissa sull'isola di Mazzorbo a Venezia, da almeno cinque anni lo cucina in diverse preparazioni e in ogni sua parte. Del resto la sua è una cucina fatta di delizie ma anche di temi urgenti, come la denuncia delle fragilità dell'ecosistema lagunare, che viene combattuta con l'inclusione in menu di specie aliene e invasive come meduse e molluschi predatori e appunto il granchio blu.

Oltre a Chiara Pavan, premiata come "Cucina d'autore", nella Guida Ristoranti d'Italia abbiamo valorizzato diversi chef e ristoranti che, con le loro creazioni, si fanno promotori attivi di una cultura del pesce sostenibile in tutto il Paese.

Il Pancake di granchio blu, panna al granchio col suo corallo, chela di granchio al naturale: una delle creazioni di Venissa / Foto di Valeria Necchio
Il Pancake di granchio blu, panna al granchio col suo corallo, chela di granchio al naturale: una delle creazioni di Venissa / Foto di Valeria Necchio

Ancora a Venezia, ricordiamo Agli Amici Dopolavoro, ristorante di spicco sull'Isola delle Rose, di cui avevamo già raccontato nella newsletter di ottobre. Qui il pesce impiegato per il 90% arriva dalla laguna: cose semplici come sogliole, mazzancolle, seppie, che provengono dalle reti da posta vicine. E piuttosto che acquistarlo all'esterno, viene utilizzato pesce ancora più povero, tra cui il granchio blu, protagonista di un piatto con capperi, limone e orzo tostato. 

Jellyfish preparato con sogliole e mazzancolle. Agli Amici del Dopolavoro.

Nella riviera di Ponente in Liguria, va indubbiamente citato Giorgio Servetto del ristorante Vignamare di Andora (Savona). Qui, circondati dalle distese ammantate di vigne di Colla Micheri e con la splendida vista dall'alto sul golfo di Andora, il faro guida è la sostenibilità, quotidianamente messa in pratica anche grazie alla valorizzazione delle biodiversità della terra e del mare. Nel menu, oltre alle verdure dell'orto, è centrale il pescato del mar Ligure che vanta specie uniche, come i gamberi di Sanremo, il tonnetto e in particolare pesci poveri come il besugo, conosciuto anche come pagello.

Sull'Adriatico, abbiamo tutto da imparare dal giovane chef romagnolo Jacopo Ticchi, del ristorante Da Lucio di Rimini premiato "Buona Cucina". Ticchi trasforma le tradizioni con un approccio sostenibile: stravolge i canoni della trattoria del mare non limitandosi al pesce fresco ma proponendo piatti di pesce maturato, crudo o alla brace, arrivando ad avvalersi di tutto l'animale, interiora comprese. Il pesce viene trattato con la tecnica della frollatura, e con particolare attenzione anche alle parti meno nobili, all'insegna della lotta allo spreco, che è valso allo chef il premio Young Ethical Chef Award di Care's nel 2023.

A Fiumicino, nell'"Olimpo della ristorazione" si va a scuola dal maestro Gianfranco Pascucci, che il mare lo conosce molto bene. Una vita spesa a difenderlo, è ambasciatore del WWF con cui si impegna a favore di un'informazione corretta per i consumatori. Con il WWF sostiene il progetto nell'Oasi del Lago di Burano, in Maremma, un lago salmastro dove vengono pescati muggini (detti anche cefali) che, se troppi, ne danneggerebbero l'ecosistema. È un tipo di pesca praticata solo nel periodo di necessità per riequilibrare la fauna e che insieme promuove un pesce che altrimenti non godrebbe di buona fama. Pascucci lo predilige per preparare i filetti con la tecnica orientale dello shabu shabu, che consiste nel porre al centro del tavolo una pentola colma di acqua in cui le pietanze vengono tuffate per pochi secondi e per tre volte consecutive.

Filetti di muggine dell'Oasi di Burano / Foto di scattidigusto.it

E infine si va in Puglia, ancora tra i premiati "Buona Cucina" c'è Domenico Cilenti del ristorante Porta di Basso a Peschici, con i tavoli sui balconi sospesi sulla sconfinata distesa d'azzurro. Tanta è la vertigine panoramica, quanto è ampio e profondo lo sguardo dello chef sul territorio, maturato grazie agli studi e alle esperienze all'estero. Nella sua cucina oltre alle verdure spontanee, indiscusso protagonista è il pesce povero, tra cui lo sgombro o il lanzardo, parente ancora più semplice dello sgombro. È celebre, in menu, il suo Sgombro affumicato, cetriolo al gin tonic e profumi mediterranei.

Il Porta di Basso a Peschici / foto Porta di Basso, Facebook

NEWSLETTER E GUIDE CHE FANNO LA DIFFERENZA

Ora che sappiamo che pesci prendere, vi rimandiamo ad aprire le nostre porte sul mondo del food. Una è la nostra newsletter Gusto, da cui abbiamo preso più di una ispirazione per questo racconto di mare, altra parla di Vino, ed esce qui sempre una volta ogni quattro settimane.

Ultima, ma non in ordine di importanza, è la Guida Ristoranti d'Italia 2026, ve la presentiamo qui, ma ne parleremo molto nelle prossime settimane.