Ci vuole un po’ di tempo prima di capire il Giappone. Non è affatto semplice: e anche quando si torna e si ritorna non è mica detto che si sia capito qualcosa. «Perché in Giappone non c’è nulla di semplice», quando si proviene da un’altra cultura. Lo ripete spesso Cees Nooteboom, scrittore olandese tra quelli sempre in odor di premio Nobel per la letteratura, uno che dello scrivere di luoghi e viaggi ha fatto un po’ la cifra della sua opera artistica. Uno che i luoghi – da Venezia (qui il link alla nostra recensione) a Minorca, dalla Spagna del Cammino di Santiago al mondo arabo – è abituato a studiarli, ad attraversarli, a viverli intensamente per poi raccontarli. E al Giappone è particolarmente legato, visto che ci è tornato a più riprese, dedicandogli un libro di reportage, Cerchi infiniti, in cui cercava di svestirsi dai pregiudizi che tutti comunque abbiamo sulle altre culture, per provare a capire qualcosa di più di concetti essenziali per la cultura nipponica, come bellezza e spiritualità (qui il link ai nostri consigli sui libri da leggere prima di un viaggio in Giappone).

E di spiritualità parla anche in questo nuovo libro, Saigoku, dedicato al più antico pellegrinaggio giapponese, quello dei 33 templi che ha come teatro il Kansai, tra Kyoto, Nara e Osaka. Templi con 1300 anni di storia, tutti consacrati a una diversa manifestazione della medesima divinità, Kannon, la dea buddhista della misericordia. Una divinità da cui i credenti, ma anche quelli che ci credono relativamente, vanno per chiedere un qualche aiuto concreto, che da una parte può essere un parto facile, dall’altra una mano per superare un esame, o trovare un marito. Luoghi in cui convivono tutte le contraddizioni del Giappone moderno tra fede e spiritualità, capitalismo sfrenato e tradizione.

Dopo viaggi nel 1998, nel 2000, nel 2004 e poi ancora nel 2005, mosso da infinita curiosità lo scrittore olandese torna per ripetere ancora una volta l’intero pellegrinaggio in compagnia della fotografa Simone Sassen, le cui immagini di statue e templi danno concretezza alle evocazioni letterarie di Nooteboom. Ripartono insieme con tutte le complicazioni linguistiche, logistiche e gli sforzi, fisici ma più che altro organizzativi, che il Saigoku richiede. Perché a differenza di altri pellegrinaggi a piedi cui siamo abituati in Occidente, questo giapponese non si deve per forza fare tutto a piedi. Molta parte degli spostamenti viene fatta in treno, o con l’autobus.
Anzi, la maggioranza dei pellegrini giapponesi arriva ai templi con i mezzi pubblici, si veste di bianco come prevede il rituale giusto poco prima di entrare nel tempio, nel parcheggio. Una volta dentro compie tutte le cerimonie tra abluzioni rituali, accensione di incensi, ripetizioni di preghiere, gong, donazioni, richieste di favori alla divinità, timbri alla credenziale, per poi risalire in macchina per andare al tempio successivo. E la cosa strana è che pur essendo numerati i 33 templi ognuno li affronta nell’ordine che preferisce, a patto che li visiti tutti e 33, anche in anni diversi. Così fa Cees Nooteboom, costruendo il suo personale percorso il cui racconto distilla nel libro, attraverso brevi capitoletti, uno per ogni tempio, in cui ogni volta racconta qualcosa, un’esperienza, una visione, alle volte una descrizione più guidistica, altre un pensiero laterale che è nato dall’osservazione di quel determinato luogo.
E allora, viene da chiedersi, che cosa rimane al viaggiatore straniero di questa strana esperienza? «Un clima spirituale di pace fuori dal mondo», spiega Nooteboom. Perché i templi in Giappone anche, anzi soprattutto, quando si trovano all’interno delle immense aree urbane questo sono: un’oasi di quiete e natura in un oceano di rumore e cemento. Luoghi in cui, come un contrappasso «l’impiegato di un frenetico impero commerciale ha bisogno per riprendere fiato e fermarsi a riflettere ogni tanto». Altri invece sono in montagna, in località relativamente isolate, circondate da boschi, con lunghe scalinate che portano all’ingresso. «Costruzioni con le armoniose forme danzanti dei tetti che fluttuano uno sull’altro, la sensualità dei giardini progettati con il loro ordinato equilibrio che ha l’aspetto di una composizione, ma dell’essenza inafferrabile della natura». Uno, Hogon-ji, si trova addirittura su di un’isoletta, Chikubu al centro del lago Biwa, che fa parte di un paesaggio tracciato con il righello, un’isola «che è come un’ombra scura davanti alle forme azzurre delle montagne».

Città, montagna o lago, in tutti i templi i giapponesi – scrive Noteboom – «cercano comunque ristoro dalla loro Paese sovraffollato e dalla loro società regolamentata, sottoposta a ogni tipo di leggi visibili e invisibili». Ma sono pur sempre Giappone, ovvero un universo di simboli diversi, e spesso per noi difficilmente intellegibili. E così, spiega lo scrittore olandese, ti muovi in un universo estraneo carico di significato che ti scivola via, che ti tranquillizza anche senza capirci niente. Forse devi essere un poeta, o un giapponese per capirlo veramente, ma poco importa, sembra dirci Nooteboom: alla fine sarà stato bello lo stesso.

INFORMAZIONI
Cees Nooteboom 
Saigoku. Il pellegrinaggio giapponese dei 33 templi 
Iperborea, pag. 214, 19,50 €