Carlo Levi, però, non fu soltanto attivista antifascista e scrittore. In pochi sanno che fu anche pittore, anzi, che la carriera di pittore venne ben prima di quella di scrittore, che gli procurò la fama. A far luce su quest'attività, a 120 anni dalla nascita (Levi nacque a Torino nel 1902), è il MAN, Museo d’Arte Provincia di Nuoro, che fino al 19 giugno presenta una grande antologica con 89 opere tra dipinti, disegni e incisioni, datate dal 1925 ai primi anni Settanta.
Carlo Levi dipinge per le strade di Grassano, in Basilicata, durante le riprese del documentario di Giulio Petroni, L’occhio del Mezzogiorno, 1954, gelatina ai sali d’argento. Roma, Fondazione Carlo Levi, Fondo fotografico
LA PITTURA
"La pittura di Carlo Levi è un diario, una biografia" dice l'introduzione alla mostra: le sue opere parlano del confino in Lucania, raccontano della guerra, della Liberazione e così degli incontri, delle persone amate, come il Ritratto di Linuccia Saba, sua compagna di una vita, figlia del grande poeta Umberto. "Tutto per Carlo Levi è ritratto: il genere canonico della storia dell’arte è per lui uno strumento di conoscenza, affettivo ed empatico". La sala che chiude l’antologica presenta, per la prima volta in Italia, 12 carte appartenenti al ciclo della cecità, un nucleo di disegni nati dal buio mentre l'artista è convalescente da un’operazione agli occhi, che testimoniano la ricerca nelle profondità dell’inconscio e della memoria.
Paesaggio di Alassio, 1933, olio su tela, 50 x 60 cm. Firenze, Musei Civici Fiorentini, Museo Novecento
Ritratto di Linuccia Saba, 1944-1945, olio su tela, 38 x 46 cm. Trieste, Collezione RAI, Sede regionale Friuli Venezia-Giulia. Photo Marco Covi
La mostra tratta anche il rapporto tra Levi e la Sardegna - pure il titolo dell'esposizione, Tutto il miele è finito, deriva dal libro sulla Sardegna che l'artista pubblicò con Einaudi nel 1964. Levi si recò infatti sull'isola nel 1952 e 1962: di quei due viaggi rimangono appunto i resoconti confluiti nel libro e un nucleo di fotografie del 1952, cui in mostra vengono affiancate altre affascinanti immagini in bianco e nero di Federico Patellani (scattate nel 1950) e di János Reismann (nel 1959), fotografi amici di Levi e coinvolti in vari progetti sardi. Introducendo "Tutto il miele è finito" nel 1964, Carlo Levi paragonava il suo libro a un ritratto: “Così, questo scritto, che non è né un saggio, né un’inchiesta, né un romanzo, ma un semplice, laterale capitolo di quella storia presente che tutti viviamo, o scriviamo, in noi e fuori di noi, mi sembra possa assomigliarsi piuttosto a un ritratto, a un tentativo, soltanto accennato e parziale, di ritratto di una persona conosciuta nel tempo, il cui viso racconta e comprende, oggi, i diversi momenti della sua storia. È, questa persona, soltanto la Sardegna?”.
Pagina da Carlo Levi, Solitudine e pastori, “L’Illustrazione Italiana”, n. 7, luglio 1952
János Reismann, Sardegna. Vista con passante [Chiesa di Santa Caterina, Orune], 1959, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta, 182 x 239 mm. Hungarian Museum of Photography, Kecskemèt, Hungary
IL VOLUME
In "Tra parole e immagini. Carlo Levi, Federico Patellani, David Seymour, János Reismann e la Sardegna", Elisabetta Masala affronta per esempio il legame tra parole e immagini nella ricerca di Carlo Levi, nella specifica cornice dell’esperienza sarda - ne emerge il profilo di uno scrittore appassionato, “che subì costantemente il fascino della fotografia, collezionando immagini amatoriali e lavori di fotografi professionisti e, in parallelo, servendosi a più riprese di fotografie per accompagnare articoli e racconti di viaggio”.
MAN, Museo d’Arte Provincia di Nuoro, fino al 19 giugno
Sito web www.museoman.it
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