Un, deux, trois… les Jeux (Olympiques) sont faits o quasi: iniziano il 26 luglio a Parigi, a cent’anni esatti dall’ultima volta che la capitale francese li ha ospitati, e terminano l’11 agosto. In totale, 17 giorni di Olimpiadi vale a dire competizioni, incontri, record, parate ed emozioni, disseminate tra la Ville Lumière e altre città di Francia che, per l’occasione, diventano avamposti privilegiati e richiesti per alcune specialità. Tra queste c’è Marsiglia, la seconda più grande del Paese, porto e insieme porta d’accesso che, in virtù delle sue onde mediterranee, ospiterà le regate veliche e, grazie al suo stadio Vélodrome, uno dei più capienti di Francia, accoglierà alcuni match calcistici.
Non a caso, la torcia olimpica accesa in Grecia è stata trasportata da Atene in nave proprio a Marsiglia, con l’intento di collegare simbolicamente due sponde sorelle - ma diverse - dello stesso mare Mediterraneo; non a caso è a Marsiglia che Chanel ha sfilato, presentando la sua collezione Cruise 2024 sul tetto della Cité Radieuse; non a caso, c’è Marsiglia sulla copertina dell’ultima rinnovata edizione della Guida Verde Touring che esplora la cosiddetta regione PACA, ovvero Provence-Alpes-Côte d’Azur. Perché Marseille è oggi più mai il crocevia di acque, terre, mondi, stili di vita.
UN PERCORSO D'AUTORE
Per scoprire Marsiglia con le parole di Federica Brunini, scrittrice e giornalista, proponiamo di seguito "Puzzle Marsiglia", uno dei percorsi d'autore da lei scritti e pubblicati nella Guida Verde Provenza-Costa Azzurra.
Doppia combinazione
La ami o la odi. E la decisione dura il tempo del respiro che prendo al Vieux Port prima di salpare per il Parco nazionale delle Calanques. Con le due braccia allungate verso il mare, il porto vecchio di Marsiglia sembra voler abbracciare e includere ogni cosa: me, la riga di case d’antan e il municipio, la maxi tettoia a specchio di Norman Foster sotto i cui riflessi si tengono ogni giorno il mercato del pesce e dei fiori, le mura tonde del Fort Saint Jean e lo sperone roccioso di Forte Ganteaume, persino la sommità del celeberrimo quartiere Panier da un lato, e la sagoma dorata della Madonna di Notre Dame de la Garde dall’altro, che vigila sul viavai interminabile di persone che qui ‘strusciano’, si danno appuntamento, arrivano e partono. E, come me, si lasciano trascinare dal vorticoso ritmo della vie marseillaise, la vita di questa città che dei suoi contrasti e delle sue contraddizioni ha fatto una ‘combo’ effervescente. Inimitabile.
La amo, decido. E il cuore si affolla di voci, suoni, sentori, ritagli di luce abbacinante che rimbalzano da una banchina all’altra e fanno, del Mediterraneo che vi si adagia dentro, un voluminoso catalogo di sfumature di blu. Ogni onda è una pennellata sulla sponda ora gialla, ora bianca, ora nera, grigia o verde. La capitale della Provenza dans l’eau sfavilla. Mette in luce ombre e colori, scalda le ossa e la testa, accende i sentimenti più spenti. Ributta al centro ogni palla, e ti chiede di giocarla fino all’ultimo minuto, direbbe Zinédine Zidane. Di calcio non so niente se non che lui, il campione-simbolo dell’integrazione e dell’inclusione etnica francese, è nato qui, nell’enclave araba Le Castellane, il non-luogo abbarbicato nella periferia nord dove tutto è possibile: povertà e ricchezza, vittoria e sconfitta, sogno e incubo. Soprattutto, commedia e tragedia.
C’est la Vie (Marseillaise)
Con sedici municipalità, otto sindaci e 111 quartieri, Marsiglia è uno scenario che cambia a ogni atto e a ogni passo. È un patchwork di ‘vedute’ multicolori, multiculturali e multistrato, ora anche multi-status, dal momento che la città sta diventando più chic e metropolitana per via dei parigini che vi si trasferiscono in modalità smart working post pandemia, più internazionale per merito di turisti che sbarcano da ogni angolo del mondo, gli americani per primi. Città di tendenza ora che designer e archistar l’hanno ridisegnata ma radicalmente popolare, attaccata a se stessa e alla sua fama ‘cattiva’ di roccaforte malavitosa che continua ad alimentare la leggenda – e forse non solo quella.
La chiamano ‘gentrification’ all’inglese, ma l’accento nella bocca dei marsigliesi scivola inevitabilmente sulla o finale: bar à bistrot, ristoranti gourmet, club à la page e à la plage punteggiano il lungomare di Malmousque e la corniche Kennedy. La Marsiglia dei quartieri alti, della rive chère, la riviera costosa ed esclusiva, sta dalla parte opposta della zona pop, storica e fitta di graffiti e murales del cosiddetto Panier, dove i bar e locali sono decisamente rètro, ancora per lo più autentici. Resistono da generazioni il bar des 13 Coins, già location cinematografica (Borsalino, L’immortel…) e televisiva (Plus belle la vie), la biscotteria Les navettes des accoules che sforna dal 1968 le migliori Navettes cittadine – i celebri biscottoni allungati a forma di barca, al profumo di fiori d’arancio. Tradizionali sono pure i negozi che vendono il vero Savon de Marseille, quello che i marsigliesi comprano e affettano al chilo nelle due tipologie da bagno e da bucato.
Verso la luce
In mezzo, tra queste due ‘ali’ di uno stesso angelo, ci sono appunto il porto ma anche l’area culturale e rigenerata del Fort Saint Jean, ora polo d’attrazione museale con il Mucem, il Museo del Mediterraneo e la Grote Casquier che attira ogni giorno centinaia di persone curiose di scoprire una grotta preistorica sottomarina a oltre 30 metri di profondità. I due edifici, entrambi squadrati nelle loro geometrie, sono uno nero, il Mucem progettato dall’architetto franco-algerino Rudy Ricciotti, istoriato di decori d’ispirazione mediorientale nel cemento vetrificato, e l’altro bianco, quasi abbacinante, ricavato nella Villa Méditerranée dell’architetto italiano Stefano Boeri.
Insieme rappresentano l’icona di questo avamposto nel Mediterraneo, tuttora crocevia di mercati, gente, storie, epoche. La vita e le sue due facce: quella che si svolge nella luce piena del Sud, in piazza e di giorno, e quella notturna, più oscura, nascosta e contradditoria dei vicoli e delle periferie; l’esistenza e la morienza, il positivo e il negativo, lo Yin e lo Yang… Ecco sì, è tempo di fermarmi e prendere un respiro, che Marsiglia mi toglie il fiato. Me lo tolgono i suoi stimoli e le sue dimensioni, l’orizzonte piatto del mare interrotto dalle isole, le gradazioni impervie delle colline, la verticalità delle Calanques da una parte e delle montagne dall’altro. Un puzzle di tanti, forse troppi pezzi che però poi magicamente trovano l’incastro, a misura l’uno dell’altro.
Lo ha detto, con altre parole, anche Jean-Claude Izzo, scrittore e poeta marsigliese: «La sua bellezza non può essere fotografata, solo condivisa. È un posto dove devi prendere posizione, favorevoli o contrari. Solo allora, puoi vedere cos’è davvero».
Al tramonto le luci s’accendono sul Vieux Port che mi inghiotte nella notte che incombe. Non una notte vuota, tutt’altro. È piena di tacchi che scalpitano, canzoni – la Marseillaise, l’inno nazionale francese, è un canto di guerra intonato originariamente qui – sapori e sentori di Bouillabaisse e pastis. Marsiglia è piena di sé. La sua identità malgrado tutto è consapevolmente lucida e nitida. Come la sua luce, quella che orienta tutta la Francia. A sud.
INFORMAZIONI
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