Se i simboli servono ancora a qualcosa, è proprio un bel simbolo la scelta di portare nella nuova sede del Louvre appena aperta a Lens La libertà che guida il popolo il quadro di Eugène Delacroix in cui una figura femminile incita i lavoratori a lottare contro le politiche reazionare di Carlo X di Francia. Sembra rappresentare fisicamente lo sforzo e l'idea che sta alla spalle di questa iniziativa . Provare a rianimare l'economia esangue di Lens, posta tra Arras e il confine belga, e della Francia del Nord puntando su uno dei simboli della cultura francese: il grande Muséé du Louvre. In una regione con una disoccupazione al 16% si punta alla rinascita attraverso la cultura, cercando di replicare il modello fortunato di Bilbao e del Guggenheim. Lens, come Bilbao, ha una storia di industria e di miniere in declino, piuttosto simile a quella dei Paesi Baschi. La sfida è quella di attrarre turisti in una zona che storicamente è tagliata fuori dagli itinerari di chi visita la Francia.
L'idea di aprire un nuovo Louvre fuori Parigi fu dell'ex ministro della Cultura, Jean-Jacques Aillagon. Nel giro di due anni si fece un concorso per scegliere la città e nel 2004 l'ex presidente Chirac decise per Lens. I lavori di costruzione, il cui progetto è stato affidato allo studio giapponese Sanaa, sono iniziati nel 2009 ed sono stati portata a termine nel giro di tre anni. Costo stimato: 200 milioni di euro.
Cinque padiglioni orizzontali dall'architettura leggera e luminosa, un grande hall a dividere in due il complesso: da una parte le collezioni permanenti messe insieme partendo dagli immensi depositi del Louvre, dall'altra lo spazio per le mostre temporanee. Ma le opere ospitate non sono quelle che per decenni hanno preso polvere negli scantinati del museo parigino. A Lens infatti saranno esposte, con una rotazione di 5 anni, alcune tra le opere d'arte importanti che si trovano nella sede principale. Prima tra queste, appunto, La libertà che guida il popolo di Delacroix, ma anche opere di Raffaello, Rembrandt e tanti altri capolavori dell'arte mondiale.
Spina dorsale dell'edificio sono le Gallerie del Tempo: 125 metri di sale che, con una lettura cronologica, racconteranno ai visitatori la storia della storia dell'arte, dalla Mesopotamia a oggi. Questo perché: "volevamo dare l'idea della vastità temporale e geografica del Louvre in un solo spazio" ha spiegato il presidente del Louvre, Henri Loyrette. La prima mostra temporanea allestita nel Louvre Lens è dedicata al Rinascimento. Ci si imbatte tra l'altro nel capolavoro di Leonardo, Sant'Anna, la Madonna e il Bambino, che, fresco di restauro, ha lasciato per tre mesi e per la prima volta Parigi in più di due secoli.
L'apertura al pubblico della sede del Louvre di Lens è prevista per il 12 dicembre. A livello di numeri, la speranza è di attirare almeno 500mila visitatori l'anno. Meno di un decimo della sede storica di Parigi, quel Louvre Paris che con 8.8 milioni di ingressi l'anno è il museo più visitato al mondo. A livello ideale l'auspicio è quello racchiuso nelle parole di Xavier Dectot, direttore del Louvre Lens: "Portare una scintilla di felicità in una regione che sta cercando di trasformare se stessa". E se ci riuscisse sarebbe la migliore delle opere d'arte.
Info: dal 12 dicembre, www.louvrelens.fr.
Varcato il cancello si può raggiungere la base del Trofeo delle Alpi, ostentazione del potere di Roma. Qui era una grandiosa epigrafe, oggi perduta, che è stata tramandata da Plinio il Vecchio: "All'imperatore Cesare Augusto, figlio del Divo Cesare, Pontefice Massimo, nella quattordicesima acclamazione imperatoria, nella diciasettesima tribunicia potestà, il Senato ed il Popolo Romano [dedicarono] poiché sotto la sua guida e i suoi favori tutte le genti alpine che abitavano dal mare superiore all'inferiore vennero sotto l'imperio del Popolo romano. Le genti alpine vinte furono i Trumplini (della Val Trompia), i Camuni (Valcamonica), i Venosti (Val Venosta), i Vennoneti (Alpi Venete), gli Isarci, i Breuni, i Genauni, i Focunati (delle vali fra Bolzano e Innsbruck), le quattro tribù dei Vindelici, i Cosuaneti, i Rucinati, i Licati, i Catenati (popolazioni delle Alpi svevo-bavaresi), gli Ambisonti (del’alta valle della Salzach), i Rugusci, i Suaneti, i Caluconi, i Brisseneti (del tratto alpino della valle del Reno ed Engadina), i Leponzi (dell’attuale Canton Ticino e val di Mesocco), gli Uberi, i Nantuati, i Seduni, i Varagli (del Vallese), i Salassi (della Valle d’Aosta), gli Acitavoni (ovest del Piccolo San Bernardo), i Medulli, gli Ucenni, i Caturigi, i Brigiani, i Sogionti (delle Alpi Cozie occidentali), i Broduonti, i Nemaloni, gli Edenati, i Vesubiani, i Veamini, i Galliti, i Triullati, gli Ectini, i Vergunni, gli Egui, i Turi, i Nematuri, gli Oratelli, i Nerusi, i Velauni, i Suetri (delle vallate delle Alpi Marittime).
Non manca l’emozione; in ogni vallata delle Alpi qualsiasi testo di storia antica che parli delle popolazioni preromane fa riferimento a un gente citata nell'epigrafe del monumento, che in origine era alto 50 metri, ma ancor oggi, pur in condizioni di rudere, svetta per altezza sul colle tanto da dominare un esteso tratto di costa fra San Remo e Nizza. Le poche colonne rimaste in piedi danno l’idea della sua imponenza. Dalla vetta del colle si vede il sole tramontare verso occidente; gli ultimi turisti sciamano fuori dal parco recintato che conserva e custodisce il monumento.