
Boukén, benvenuto, quando arrivi, e Gruss dich, ciao, quando te ne vai. Così si viene accolti e salutati da qualche anziano giazzarotto che ha ancora in mente il tauc, la lingua parlata dai Cimbri, che a Gazza, minuscolo paese all’incrocio di tre valli nell’alta Lessinia, ci si impegna ancora a valorizzare e a diffondere tramite un centro culturale.
I Cimbri, antiche origini bavaresi e tirolesi, arrivarono su queste terre alte condivise tra Veneto e Trentino nel XIII secolo, provenienti dai loro insediamenti a sud delle Alpi, ovvero dall’altopiano di Asiago e dal Cansiglio, che non sono lontani e per conformazione assomigliano alla Lessinia. I Cimbri erano uomini dei boschi, non perché amavano vivere lontano da tutti ma perché selezionare e lavorare il legname era nella loro indole. Le loro capacità di maestri d’ascia erano insuperabili, si stabilivano ovunque ci fossero foreste immense tra le quali creavano prospere comunità. Non a caso l’origine del loro nome, Tzimbar, sta a significare la professione: artigiano del legno.

La Lessinia è un territorio defilato, gentile e accogliente in provincia di Verona con qualche scampolo che a nord, nella parte più elevata, si affida alla provincia di Trento. Da sud, da Verona, ci si sale facilmente, attraversando borghi panoramici e strade sinuose che si infilano tra colline ridisegnate dai vigneti.
Anche a nord, nella Lessinia trentina, che per contrapposizione scende, anzi, precipita sulla valle dell’Adige con ripide dorsali boscose che sembrano impenetrabili e strade assai contorte, ci sono vigneti. Può essere considerato un piccolo Eden naturale e, anche per la sua conformazione territoriale e geologica, un’attrezzata palestra a cielo aperto per chi ama affrontare e confrontarsi con la natura in maniera dolce. Sui declivi veronesi, sopra le vigne che occupano i fondivalle, ci sono aree carsiche, grotte profonde, piccoli canyon, antiche cave da cui ancora oggi si estrae la pietra della Lessinia, dal colore bianco rosato, che ha contribuito alla bellezza di palazzi, ville e piazze veronesi. Una pietra ancora ben utilizzata, perché duttile, luminosa, elegante e al tempo stesso nobilmente rurale.

Oltre le vigne, i frutteti, gli orti e le cave, dilagano i boschi di faggi, alcuni di grande pregio botanico. A tratti si mescolano ai castagni, anche questi ultimi testimoni di attività rurali che ancora resistono. C’è anche un castagno che è una specie di inno alla natura e alla cura dell’uomo e ha un nome e un cognome, Calma (da incalmare, innestare) Grande. È visibile su un piccolo pendio della ondulata campagna di San Rocco di Piegara (Vr) e vanta un’età, certificata, superiore ai 500 anni.

Andando sempre verso l’alto, ai faggi si sostituiscono gli abeti e, al vertice dell’altopiano, caratterizzato nella parte orientale da un Parco naturale regionale di 10mila ettari, si estende una vastissima area adibita agli alti pascoli, che fanno parte di uno speciale patrimonio, quello dei paesaggi rurali storici, talmente storici da rientrare nella preistoria. Un’area pascoliva che viene annoverata tra le più vaste dell’arco alpino: basta salire su una delle dorsali più alte dell’altopiano per rendersene conto. Praterie all’infinito, laghetti sospesi, malghe isolate, strade bianche che le collegano, sfondi alpini, con il monte Baldo a ovest, oltre il quale si trova il lago di Garda, e la Carega a nordest, nel gruppo delle Piccole Dolomiti vicentine. Anche quassù i sentieri sono facili ed evidenti, le malghe ben indicate e spesso capaci di offrire eccellente ristoro, i versanti delle montagne dolci; mai si incontrano tratti impervi o luoghi scoscesi. Si procede a piedi, in bicicletta o con le ciaspole d’inverno, sempre senza affanno, la natura non è solo generosa ma anche amica di chi le si avvicina per la prima volta con l’intento di entrarne in confidenza.

Sono davvero tanti i motivi per un tour in questa appartata Lessinia, riconosciuta e riconoscibile come il santuario della natura; Lexinum era chiamata nel IX secolo, che voleva dire “luogo della luce”. Magia e incanto anche nel nome.