Se incontrate un Gennaro potete supporre che probabilmente arrivi da Napoli, un Efisio da Cagliari, una Agata da Catania. Ma se vi imbattete in un Ubaldo o in un Oderisi i dubbi sono pochi: al 99 per cento dei casi arriverà da Gubbio. Nomi propri che, siano essi legati alla sfera religiosa o a quella artistica, costituiscono la gloria del borgo umbro, “la più bella città medievale d'Italia” come non ha remore a proclamarsi sin dai cartelli che accolgono il visitatore. Cartelli un po' fuorvianti, perché potrebbero far pensare che in altre nazioni esistano centri storici medievali più belli di quelli italiani. Si sarà capito che a Gubbio, che a rigore sarebbe dunque da ritenere “città medievale più bella del mondo”, le mezze misure non sono di casa e gli eugubini sono avvezzi a pensare in grande. Magari con quel pizzico di ironica follia che li ha portati ad autoproclamarsi abitanti della “città dei matti”, prerogativa quotidianamente estesa anche ai turisti che con tre giri della fontana del Bargello si vedono assegnata una “patente di matto”, pari a una cittadinanza onoraria.
Mello da Gubbio, Madonna con il Bambino e due angeli, 1350 ca., affresco staccato, Gubbio, Museo Civico
Queste loro “folli” caratteristiche gli eugubini le provano anche con la venerazione smisurata per sant'Ubaldo, il santo vescovo che qui riesce persino a fare passare in secondo piano san Francesco, uno che pure in termini di marketing tanto fece per Gubbio con quella storia del lupo che i Fioretti hanno diffuso fino in Australia e in California. Le provano con gli altrettanto smisurati ceri che ogni anno in maggio scatenano passioni irrazionali, oltre che un groppo alla gola in chi per raggiunti limiti d'età deve smettere di sobbarcarsene il peso. E le provano, infine, con la convinzione che il più grande artista espresso dal Medioevo possa essere stato non Giotto bensì... Oderisi da Gubbio. Un miniatore la cui arte fu esaltata dallo stesso Dante Alighieri nel canto XI del Purgatorio («Oh!», diss'io lui, «non se' tu Oderisi, / l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte / ch'alluminar chiamata è in Parisi?») ma del quale, si badi bene, non esiste una sola opera che gli si possa attribuire con certezza. Infatti, pur essendo stato fatto il suo nome per messali, Bibbie e salteri, non esistono codici firmati da Oderisi, il quale dunque forse non era così superbo da meritare di essere messo da Dante nel Purgatorio.
L'ingresso della mostra a Palazzo dei Consoli, Gubbio - foto R. Copello
C'è (anche) il mistero di Oderisi da Gubbio al centro della bella mostra allestita a Gubbio sino al 4 novembre in tre sedi diverse, visitabili con un solo biglietto: il Palazzo dei Consoli, che sullo sfondo della famosa piazza pensile costituisce l'icona più nota di Gubbio; il Museo Diocesano, allestito accanto alla cattedrale; e il Palazzo Ducale, che nel Quattrocento fu favolosa residenza di Federico da Montefeltro, duca di Urbino. Il titolo della mostra, “Gubbio al tempo di Giotto – Tesori d'arte nella terra di Oderisi”, intende subito stabilire un legame fra i due artisti, legame determinato dal medesimo clima culturale, artistico, religioso e civile in cui lavorarono. Pazienza se poi, nonostante il titolo ingolosente, fra la sessantina di opere in mostra quelle di Giotto sono tante quante quelle attribuite a Oderisi: zero.
La mostra - foto R. Copello
Roba da veri matti eugubini, dirà qualcuno, dedicare una mostra a Giotto e a Oderisi, senza l'ombra né dell'uno né dell'altro. Ma l'obiettivo (invero riuscito) dei curatori Elvio Lunghi, Giordana Benazzi ed Enrica Neri Lusanna era un altro: documentare con polittici, manoscritti miniati, opere di oreficeria e sculture lignee sia la centralità di Gubbio e delle sue botteghe nell'arte italiana del Due e Trecento, sia le caratteristiche peculiari del linguaggio artistico sviluppato nell'Umbria settentrionale da artisti che, come Palmerino da Gubbio e tanti altri, si ritroveranno a lavorare a fianco, appunto, di Giotto nel grande cantiere di Assisi, a soli 40 chilometri di distanza.
La mostra contribuisce anche a gettare luce e a offrire chiavi di identificazione al complesso rebus di nomi e opere che innervano la scena artistica eugubina fra Due e Trecento, con la sua storia ahimè fatta più di opere che di persone: il Maestro dei Crocifissi francescani all'opera ad Assisi era forse (come ipotizza il curatore Elvio Lunghi) Guido di Pietro, padre di Oderisi da Gubbio? Chi era il Maestro della Croce di Gubbio, compagno di Giotto? Palmerino di Guido e il Maestro Espressionista di Santa Chiara erano la stessa persona? E il “Guiduccio Palmerucci” dalla sfuggente biografia era figlio di quest'ultimo, o è semplicemente un nome che sta a designare tutta una bottega e una serie di dipinti, e che va dunque scritto tra virgolette?
Maestro Espressionista di Santa Chiara (Palmerino di Guido) - Cassa di Sant'Ubaldo, Cristo benedicente (particolare) - Gubbio, Raccolta Memorie Ubaldiane
Si mettano poi le opere di artisti fra i più esemplari del periodo, come Mello da Gubbio e Ottaviano Nelli. Si aggiungano alcuni scomparti di un eccezionale polittico del giottesco Maestro di Figline per la prima volta visibili insieme. E si aggiunga pure un trittico pressoché inedito (“Madonna con Bambino fra i santi Paolo e Pietro”) attribuito ora niente meno che a Pietro Lorenzetti, opera recuperata dal deposito dell'eugubino Palazzo Ducale e cui, nonostante i danni irreversibili, un sapiente restauro ha restituito una decente leggibilità... Si avrà allora il quadro di una scena artistica vivacissima, nonché dell'importanza politica, economica, spirituale e culturale che una città di media grandezza come Gubbio rivestiva tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento. Una piccola grande città, insomma, favorita certo anche dalla centralità geografica al cuore della penisola, ma capace di generare geniali artisti come Oderisi. Sì, d'accordo, ma quando mai riusciremo a vedere un'opera che possa dirsi con certezza sua?
Pietro Lorenzetti - Trittico - Gubbio, Palazzo Ducale
INFORMAZIONI
Gubbio al tempo di Giotto. Tesori d’arte nella terra di Oderisi
Gubbio, Palazzo dei Consoli, Museo Diocesano, Palazzo Ducale
7 luglio – 4 novembre 2018. Aperta tutti i giorni, ore 10-19. Biglietto intero 12 euro