È notizia recente che il Parlamento Europeo ha votato a favore della proposta della Commissione di abolire i cambiamenti semestrali di orario, ovvero il passaggio dall’ora solare alla legale in primavera e quello contrario in autunno rimandando però l’attuazione, in un primo tempo prevista per il 2019, al 2021: si aprirà ora il negoziato tra Parlamento e Consiglio dove siedono i rappresentanti dei Governi nazionali.

I motivi che hanno portato a questa scelta hanno a che fare in primo luogo con i limitati benefici economici legati all’adozione dell’ora legale in estate: ormai, infatti, l’energia non è utilizzata più soltanto per l’illuminazione, cosa che portò durante la Prima Guerra mondiale a una sperimentazione del provvedimento in Germania e in Francia che poi si estese stabilmente, a partire dagli anni 70, alla maggior parte del Paesi europei. In secondo luogo, studi recenti hanno messo in evidenza che esistono impatti negativi sulla salute conseguenti ai problemi di adattamento da parte degli individui.

Del resto la direttiva viene incontro anche a un’ampia volontà popolare che si è espressa lo scorso anno attraverso una consultazione molto partecipata – 4,6 milioni di risposte raccolte in poco più di un mese – nella quale la stragrande maggioranza (84%) dei cittadini europei si è mostrata favorevole all’abolizione del cambio periodico dell’ora.

Ferma restando, dunque, la decisione, la questione non si esaurisce qui perché sarà comunque facoltà dei singoli Paesi scegliere se adottare stabilmente l’ora solare oppure quella legale. Da questo punto di vista, però, i risultati della consultazione restituiscono un quadro molto più eterogeneo e che potrebbe preludere a scelte poco coordinate: il 56% dei rispondenti preferirebbe l’ora solare mentre il 36% quella legale. Chiaramente la direttiva mette l’accento sulla necessità da parte degli Stati membri di un’armonizzazione perché altrimenti i rischi derivanti da un’eccessiva frammentazione porterebbe a conseguenze peggiori dello status quo.

Tra i tanti settori implicati in questa vicenda c’è anche quello dei viaggi e delle vacanze: negli ultimi decenni, infatti, la mobilità turistica dei cittadini europei è stata molto favorita dal progressivo processo di integrazione dell’Unione grazie all’attuazione dell’accordo di Shengen a partire dal 1995, che ha creato un ampio spazio di libera circolazione delle persone, e all’introduzione dell’euro nel 2002. Ciò ha reso percettivamente e concretamente più facile e immediato viaggiare in buona parte d’Europa: a oggi secondo l’UNWTO, circa l’88% degli arrivi internazionali generati dagli europei si registra all’interno del Vecchio continente. È per questo che il futuro processo di armonizzazione dell’ora sarà importante anche per il turismo perché un’eccessiva frammentazione potrebbe incidere negativamente sulla mobilità delle persone, introducendo una nuova complessità.

Per quanto riguarda, infine, la scelta tra ora solare o legale, dal punto di vista turistico per il nostro Paese sarebbe sicuramente un beneficio l’adozione della seconda opzione perché garantirebbe, soprattutto in estate, giornate più lunghe, favorendo una migliore fruizione dei territori e un’esperienza di viaggio più intensa. 

E voi, cosa ne pensate? Ora solare o legale?