PROLOGO
Appena siamo scesi dall’aereo, a Mahé, la prima sensazione è stata quella di stupore. Perché di fianco alla pista dove atterrano tutti i voli internazionali c’è una montagna alta, imponente, ricoperta di verde esuberante, da cui spuntano pareti di roccia granitica grigia che luccica al sole. Una visione che lascia di stucco: chissà perché, nell’immaginario dell’italiano medio l’isola tropicale deve essere sempre un atollo con tre palme. E invece qui si capisce subito, fin dalla scaletta dell’aereo, quanto il paesaggio naturale delle Seychelles sia diverso, forte, impattante – e anche unico, con quelle rocce così peculiari. “Le nostre isole non sono mica le Maldive” ti ripetono sorridendo gli abitanti. Con tutto rispetto per le Maldive, ovviamente.
Ecco, in qualche giorno di soggiorno alle Seychelles siamo andati alla scoperta di questa natura, la natura speciale di un arcipelago che è rimasto isolato per così tanto tempo da veder nascere ed evolvere specie che non si trovano da nessun’altra parte del mondo. E quella che nello stesso tempo deve coesistere con la modernità e lo sviluppo, una sfida quanto mai attuale, specialmente per una manciata di isole perse in mezzo all’oceano. Siamo stati nelle tre isole principali (Mahé, Praslin, La Digue), più qualche isoletta satellite: un viaggio facile, non particolarmente impegnativo dal punto di vista economico, che si può organizzare anche autonomamente. Vi raccontiamo i progetti di sostenibilità, conservazione e valorizzazione della natura delle Seychelles; e poi vi suggeriamo le esperienze più belle, quelle che non dovete assolutamente mancare – specialmente se siete amanti delle meraviglie naturali – quando progettate un viaggio in questo magnifico arcipelago.
PUNTATA 3 - LA DIGUE
Biciclette, biciclette e ancora biciclette. A La Digue sono dappertutto: colorate, cigolanti, addobbate con fiori, spesso vecchissime, sempre e comunque allegre. Se sostenibilità vuol dire anche mezzi di trasporto ecologici, la quarta isola delle Seychelles per superficie è senz’altro una delle più sostenibili del mondo: le auto a benzina sono praticamente bandite e si gira soltanto in bicicletta, in auto elettrica (ma sono davvero poche) o in cart simili a quelli che portano i golfisti da una buca all’altra. Merito della superficie ridotta, certo, e delle poche strade, ma anche di una popolazione che finora non ha ceduto (troppo) alle lusinghe del turismo, preservando uno stile di vita ancora piacevolmente rilassato, laid-back, come dicono gli inglesi. Bicicletta, piedi nudi, tavola da surf e un succo di cocco sulla spiaggia: cosa volere di più dalla vita?
Dunque, abbiamo inforcato anche noi una bicicletta e siamo partiti alla scoperta dell’isola. Cosa che vi consigliamo caldamente, anche se non dovete pensare che La Digue sia piatta – anzi, non lo è affatto. Se avete qualche energia nelle gambe, non dovreste avere alcun problema; in caso contrario, se da qualche parte trovate una bici elettrica vi risparmierete belle fatiche. “La bici non è per tutti” ride Josianna Rose, la nostra guida, che ha appena deciso di aprire un tour operator dal nome… “Pedaler vélo”, cioè “Pedalare bicicletta”, dal titolo di una canzone popolare da queste parti. “Però la bicicletta permette di entrare in contatto con la vera atmosfera dell’isola e io la consiglio sempre, per chi se la sente. Sai che bello arrivare alle spiagge in bici?”. Con Josianna guardiamo un’immagine satellitare di La Digue: la metà sinistra, anzi, meno della metà, è occupata dal centro abitato; tutto il resto è una grande macchia verde, dove ci sono soltanto due strade: una che costeggia il mare, a nord e poi a est; l’altra che punta verso sudest, alla spiaggia di Grande Anse. “Vedi, non c’è molta scelta” spiega Josianna. “In un giorno potresti percorrere ogni chilometro di strada o quasi. Ma io consiglio sempre di rimanere di più… ci si innamora facilmente di quest’isola”.
La Digue, Seychelles - foto Stefano Brambilla
IL GRANITO DI ANSE SOURCE D'ARGENT
La prima tappa è vicina, appena a sud del centro abitato: con un modico biglietto d’ingresso, si entra nell’Union Estate Farm, un’azienda agricola coloniale dove, tra le altre cose, si coltiva quella strana liana che è la vaniglia. “Non è una pianta nativa delle Seychelles” spiega Josianna “proviene dal Messico. Ma viene coltivata a La Digue da così tanto tempo e qui cresce così bene che è diventata una delle produzioni simbolo”. Josianna ci racconta un po’ della storia dell’isola, dove i francesi sono arrivati soltanto nel 1768: prima non era mai stata abitata da nessuno. Passiamo The Plantation House, uno dei più vecchi esempi di architettura coloniale delle Seychelles, diamo un occhio ai negozietti dove si può comprare il delicato estratto di vaniglia e procediamo verso un ponte, dove lasciamo le bici e continuiamo a piedi. La meta è Anse Source d’Argent, la baia e la spiaggia probabilmente più famose di tutte le Seychelles: quella che avrete certamente visto sulle copertine delle guide turistiche o sui social network.
Qui il granito dà il suo meglio: i massi sono talmente grandi, frastagliati, multiformi, accatastati in maniera scenografica l'uno sull'altro che a ogni passo si farebbero mille fotografie. Una piccola rada dietro l’altra, si immortala il granito tra le palme, il granito contro il mare cristallino, il granito sulla sabbia finissima e bianca: una meraviglia continua. “Devi stare attento, però: qui fra poco diventa così frequentato che fare qualche foto senza gente intorno può risultare problematico” spiega Josianna. “E poi c’è la marea: bisogna sempre venire quando è bassa, altrimenti si rischiano di trovare pochi centimetri di spiaggia”. In effetti, vediamo pian piano Anse Source d’Argent riempirsi di gente, tanto che a un certo punto leviamo le tende. Il potere di Instagram? In ogni caso, è l’unico luogo sulle tre isole maggiori delle Seychelles dove abbiamo trovato un certo affollamento turistico.
I TESORI DELLA VEUVE RESERVE
La pedalata ecologica-culturale con Josianna continua all’interno del centro abitato, dove facciamo tappa a casa di un simpatico produttore di calou (un liquore fermentato a base di linfa di cocco) per dirigerci poi verso un altro di quei luoghi che ogni amante della natura non dovrebbe mancare: uno scampolo di foresta, assediato dalle case, che è tutelato dalla Seychelles National Parks Authority per proteggere una specie endemica delle isole, il bellissimo pigliamosche del paradiso delle Seychelles. Josianna è, part-time, la coordinatrice della riserva: “Come molte altre, anche questa era una specie che rischiava di scomparire, negli anni Sessanta. Per questo un abitante locale ha iniziato a proteggere questa foresta, dove aveva osservato alcuni nidi... e oggi per fortuna anche grazie a quell’iniziativa il pigliamosche è stato reintrodotto in altre isole ed è fuori pericolo”. Mentre camminiamo tra gli alberi di takamaka e badamier, i preferiti dalla specie, Josianna ci mostra prima un piccolo nido all’incrocio di due rami... e poi eccoli, la femmina bianca e ruggine e il maschio, meraviglioso, tutto nero cangiante con una coda talmente lunga e sfarfallante che sembra il nastro di una ginnasta. “Noi li chiamiamo Veuve, cioè vedova, proprio per quell’abito nero”.
I pigliamosche oggi possono essere osservati anche in altri luoghi dell’isola, ma, come a Cousin, pagare il biglietto per entrare nella Veuve Special Réserve (e magari, con un piccolo supplemento, usufruire della guida di Josianna) significa aiutare a conservare e soprattutto a educare. “Gran parte dei proventi vanno nell’educazione dei bambini locali e in generale di tutta la popolazione” spiega Josianna. “Anche a La Digue assistiamo a un continuo aumento di case e infrastrutture, tanto che è stato decretato uno stop alla costruzione di edifici fino al 2023. Più case significa meno alberi... E se non riuscissimo a trovare un equilibrio, a La Digue ci perderemmo tutti: abitanti locali, turisti, atmosfera dell'isola e pigliamosche”.
Josianna Rose nella Veuve Reserve, La Digue, Seychelles - foto Stefano Brambilla
IN BICICLETTA VERSO GRANDE ANSE
Tempo di ri-inforcare la bici e proseguire verso nord, lungo la strada costiera di La Digue che a mano a mano che ci si allontana dal paese vede affacciarsi sempre meno strutture e pedalare sempre meno gente. Anse Patates, Anse Gaulettes, Anse Banane, Anse Fourmis... tra un saliscendi e l’altro, a volte anche piuttosto faticoso, si scoprono nuovi orizzonti, con le isolette di Felicité, Grande Soeur, Petite Soeur e Marianne che occhieggiano al largo poco lontano. “Felicité è privata, ci trovi soltanto un lussuoso resort” racconta Josianna. “Anche privatizzare un’isola può essere un buon modo per favorire la conservazione, sempre che l’operazione sia condotta nel rispetto delle leggi e dell’ambiente. Alle Seychelles è successo in diversi casi: sono diverse le isole private i cui proprietari gestiscono l’ambiente in modo responsabile e attuano progetti di salvaguardia. Certo, io preferisco un luogo accessibile a tutti, dove mettere piede per una notte non costa uno stipendio…”.
Torniamo indietro, visto che la strada a un certo punto finisce – non è mai stata progettata una strada che faccia tutto il periplo di La Digue e speriamo non lo sia mai. Perché raggiungere prima in bici, ripassando dal paese, Grande Anse, e poi a piedi Petite Anse e Anse Cocos è bellissimo. Forse è l'esperienza più bella che si possa fare a La Digue. Dapprima si pedala in una giungla, fermandosi magari a fare uno spuntino da Chez Mimi, una locanda familiare dove gustare la cucina creola - anche dare una mano a questo tipo di esercizi può dare un contributo alla sostenibilità. Poi, si sale una collinetta (magari spingendo la bici a mano...) e si scende a Grande Anse, una grande spiaggia popolata di surfisti. Da qui si prende il sentiero che prosegue verso Petite Anse e Anse Cocos. Altro che Anse Source d’Argent: quando arriviamo, nel tardo pomeriggio, non c’è quasi nessuno, le grandi spiagge di sabbia bianca sono favolose, le onde si infrangono sotto gli ultimi raggi di sole. Come ad Anse Lazio a Praslin, qui di ristoranti e hotel non c'è neanche l'ombra. È tutto ancora superbamente selvaggio. Il miglior modo per dire arrivederci alle Seychelles.
Grande Anse, La Digue, Seychelles - foto Stefano Brambilla
Grande Anse, La Digue, Seychelles - foto Stefano Brambilla
Leggi le altre puntate del reportage:
- Puntata 2 – Praslin, Cousin e Curieuse
- Puntata 3 – La Digue
INFORMAZIONI
- Come arrivare. A La Digue si arriva in traghetto da Praslin (orari ferry Praslin-La Digue-Praslin). Le biciclette si affittano ovunque; molte guesthouse le offrono nel prezzo.
- Dove dormire. A la Digue è consigliabile soggiornare presso una delle tante guesthouse dell'isola, dove si entra in contatto con la popolazione locale. I prezzi sono abbastanza alti per lo standard offerto, ma si può trovare una doppia a 100 euro per due persone in un buon contesto (noi abbiamo affittato una camera alla Elje Villa e ci siamo trovati bene). Tra le agenzie consigliate, Seyvillas (sito in italiano, www.seyvillas.com) propone numerose ville di vario livello su tutte le isole, tra cui La Digue.
- Siti web utili. Il sito web di Tourism Seychelles (in inglese) è www.seychelles.travel. Altri siti web utili per programmare il viaggio a La Digue: per la Veuve Special Réserve, pagina dedicata di Seychelles National Park Authority; per l'Union Estate Park, sito dedicato; per il Mimi's Café, tel. +2482581017; buffet creolo ogni mercoledì sera. Per un tour sull'isola, consigliamo di rivolgersi a Josianna Rose, che ha creato il tour operator "Pedaler Velo Island Tours" e propone tour tematici guidati in bicicletta, a piedi o su veicoli elettrici, anche alla scoperta del patrimonio culturale dell'isola. Josianna è anche manager della Veuve Special Réserve; tel. +248.2723084; jonathalierose@gmail.com.
Mimi's Café, La Digue, Seychelles - foto Stefano Brambilla
Tramonto su Praslin dal punto più alto di La Digue, Seychelles - foto Stefano Brambilla