Le ferrovie sono come le persone: nascono, crescono, invecchiano e poi muoiono. A differenza delle persone, però, ogni tanto le ferrovie risorgono. Può sembrare un’iperbole, eppure qualcosa si muove, non certo ad alta velocità, ma i tempi della ferrovia – si sa – sono lunghi.

«Non è un Rinascimento, ma di certo è una riscoperta: in un pubblico sempre più vasto c’è un interesse nuovo per il viaggiare in treno, ed è soprattutto per motivi turistici», conferma Stefano Maggi, storico dell’Università di Siena, ex capotreno e autore di diversi saggi sulle ferrovie italiane. «Il nostro Paese ha seguito la stessa traiettoria degli altri Paesi europei: a un certo punto, dagli anni Novanta, si è investito nell’Alta Velocità che ha realmente cambiato lo scenario del viaggiare in treno. Ma a parte la ristrutturazione dei fondamentali nodi di passaggio nelle grandi città con la realizzazione dei passanti, gli altri collegamenti sono rimasti fuori, senza investimenti e senza ammodernamento», prosegue Maggi. Così, anche se in anni recenti non si sente più parlare di dismissioni - l’ultima grande ondata fu quella del 2012, quando in Piemonte per motivi finanziari fu cancellata una dozzina di tratte ritenute secondarie aumentano in quasi tutte le regioni le linee chiuse o, come si dice tecnicamente con un eufemismo, “sospese all’esercizio”. 

Secondo l’ultimo rapporto di Amodo, l’Alleanza per la mobilità dolce di cui fa parte anche il Touring Club Italiano, in Italia ci sono circa 1.200 chilometri di linee ferroviarie che meriterebbero di essere riaperte al traffico passeggeri ma di cui non si conosce il destino. Sono linee locali, spesso interrotte per via di crolli di viadotti (è il caso della Caltagirone-Gela, ferma dall’8 maggio del 2011) o della Priverno-Terracina, bloccata da una frana nel 2012. In questi casi, c’è il sospetto – denuncia Amodo – «che frane e crolli siano un pretesto per dilazionare sine die la riattivazione». Un modo grigio per porre le comunità locali davanti al fatto compiuto, abituandole all’assenza a poco a poco, quasi fosse meno traumatico. Così nel discorso pubblico tutto quel che è legato ai binari tra ritardi, lavori e disservizi per i pendolari, sembra sempre essere declinato negativamente. Eppure c’è una nicchia dove le cose invece funzionano: è legata al turismo.

Treno in transito su un viadotto delle Crete senesi.
Treno in transito su un viadotto delle Crete senesi

Treni storici e turismo

«Il cambiamento è arrivato nel 2013. All’epoca c’erano il Treno natura nel Senese, il treno del Basso Sebino, il Trenino Verde in Sardegna e altri treni storici, tutti figli di un fermento legato ai territori, ai volontari, spesso appassionati del treno in sé, come mezzo legato alle locomotive, ai vagoni – prosegue Maggi –. In quell’anno la creazione di Fondazione Fs ha dato slancio a uno scenario composito, in un certo senso istituzionalizzando il tutto e facendo sì che il movimento dei treni storici diventasse adulto». Anche se all’inizio Fondazione Fs è nata con un intento differente. «Nasce per preservare un immenso patrimonio nascosto fatto di vagoni, locomotive, architetture e manufatti. Prima di allora non c’era consapevolezza, le carrozze Centoporte in servizio dagli anni Venti agli anni Ottanta venivano demolite, mentre allestire un treno storico ogni volta era una lotta», spiega Luigi Cantamessa, ingegnere ferroviario, grande appassionato di treni e direttore generale della Fondazione.

«I bambini quando vanno con il nonno in stazione non sanno il perché, ma spontaneamente salutano il treno. Perché quel convoglio di metallo è una metafora, attira ed è legato a qualcosa di bello – prosegue Cantamessa –. In questi anni il lavoro della Fondazione ha contribuito a mutare l’immaginario del treno, ha portato avanti una battaglia storica per cambiare la consapevolezza del treno, che non è più solo l’Alta Velocità, o un mezzo per spostarsi da A a B, ma è una filosofia per viaggiare». 

Dalla sua nascita la Fondazione si è occupata di realizzare treni storici, restaurando materiale rotabile altrimenti destinato alla rottamazione, ma anche di recuperare intere linee. «Prima abbiamo lavorato sulla cultura e sulla storia, con una grande opera di recupero che ha portato alle gite con i treni a vapore e le vetture Centoporte. Allo stesso tempo abbiamo recuperato linee ferroviarie sospese, pensando alla loro valenza paesaggistica e turistica. E ci siamo impegnati a farlo non solo per far circolare i treni storici una volta ogni tanto, ma perché in un momento di ignoranza collettiva serviva salvare tratte che altrimenti sarebbero state abbandonate», spiega Cantamessa. «Linee che un domani potranno tornare al servizio dei territori in una modalità nuova, mista, che tiene conto del traffico locale e del potenziale turistico. Perché siamo onesti, quasi nessun viaggiatore prende il treno da Roccaraso a Campo di Giove, ma tantissimi lo prenderanno da Pescara a Roccaraso per scoprire la bellezza del paesaggio, per viaggiare in modo diverso, lento e sostenibile. Sono ferrovie che sono morte, ma possono rinascere con una funzione diversa legata al turismo», aggiunge.

Il "Trenino Verde" in Sardegna / foto Shutterstock

La riaperture delle ferrovie in disuso

Esattamente quello che è successo con la Ferrovia della Val Venosta, caso scuola di successo di una ferrovia locale salvata dalla dismissione. Nel 1990 Fs sospese il servizio tra Merano e Malles, la linea fu però acquistata dalla Provincia autonoma di Bolzano che finanziò l’ammodernamento dei 60 chilometri di percorso prima della riapertura, nel 2005. Utilizzata dai pendolari e sempre più amata dai turisti, specie in abbinata con la bicicletta, «oggi la Ferrovia della Val Venosta ha tre milioni di passeggeri l’anno, fa parte di un sistema di trasporto integrato collegato ai bus, un sistema che in vent’anni ha raddoppiato le corse e adesso vedrà la linea elettrificata», spiega Maggi.

Un percorso virtuoso che ci si augura si replichi anche per le 26 linee turistiche inserite nel decreto ministeriale 146 del 17 maggio 2022. Decreto che rende attuativa la legge del 2017 in cui venivano istituite le ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico.

Qualcosa si sta facendo grazie al lavoro di Fondazione, che per esempio ha curato il restauro a uso turistico della tratta Fabriano-Pergola, nelle Marche, e rimesso in funzione 750 chilometri di linee. Qualcos’altro si muove grazie ai finanziamenti del Pnrr in cui sono stanziati 435 milioni per il recupero di linee di interesse storico e paesaggistico, come la Noto-Pachino e l’Alcantara-Randazzo, in Sicilia, o la Rocchetta-Gioia del Colle, in Puglia. In questo contesto anche la viabilità ordinaria, seppur a stento, riprende: nel 2023 è tornato il servizio su due delle linee piemontesi sospese nel 2012, la Asti-Alba e la Casale Monferrato–Mortara; anni prima era ripreso il servizio sulla Casalecchio-Vignola, in Emilia, e sulla Foggia-Lucera. Ma ancora tanto resta da fare e gli 1,55 miliardi stanziati per le ferrovie dal Pnrr rischiano di esser pochi, mentre città come Avellino, o Campobasso, da anni non sentono il fischio di un treno. Al contempo dove i treni ancora passano, decenni di ritardi nella manutenzione e nell’ammodernamento obbligano oggi alla chiusura delle linee nei mesi estivi per lavori necessari – è il caso della Lecco-Tirano – o addirittura per anni, come la Lecco-Ponte San Pietro. Ma il quadro è decisamente in movimento.

Un convoglio della Ferrovia della Val Venosta / foto Shutterstock

Cresce una sana voglia di viaggiare sui treni turistici

«Sono convinto che sia cambiato il modo di viaggiare, la consapevolezza ecologica, per cui oggi c’è una domanda di treno superiore all’offerta, specie per le linee locali che permettono di scoprire l’Italia interna, ma certo deve esserci un servizio efficiente, il che non sempre succede perché si ha l’impressione che non si comprenda a livello politico quanto la ferrovia sia usata dai turisti», sostiene Maggi. Come lui la pensa Cantamessa: «Le linee sono sovraccariche, la voglia di treno è nei numeri. Ma soprattutto c’è voglia di un’altra velocità e di un altro modo di viaggiare». Che non è solo quel mondo nostalgico dei treni a vapore, ma è pura voglia di salire in carrozza per fare turismo, consapevoli che un treno inquina meno di un aereo o di un’automobile e permette un’esperienza umana e di viaggio differente. 

Il successo dei treni turistici

Se grazie all’Orient Express vagoni letto e ristorante (con o senza omicidi) fanno parte dell’immaginario del viaggio di lusso, i treni a cuccette in Italia rimandano agli anni della grande migrazione, ricordi di viaggi non sempre comodi, spesso sovraffollati, di certo accaldati a bordo degli Espressi notturni – la Freccia del Sud da Milano ad Agrigento, l’Espresso del Levante per Lecce/Taranto – che rappresentavano il filo ombelicale accessibile a tutti tra le città industriali e il Sud. Se il settore del lusso è in fermento con la nascita di treni privati simili a navi da crociera, treni come l’Orient Express Dolce Vita che percorre l’Italia o i convogli dell’inglese Belmond che sulla Parigi-Venezia rievocano – a prezzi proibitivi – i fasti del Simplon Orient Express, nel 2023 è nata Fs Treni turistici, società che si occupa di commercializzare l’esperienza del viaggio in treno a fini turistici per «far riscoprire il piacere del viaggio a un’altra velocità». 

Quel piacere che un tempo si sperimentava da ragazzi facendo l’Interrail (che ancora esiste, è aperto a passeggeri di tutte le età, e negli ultimi anni è cresciuto del 20%), strettamente legato alla voglia di scoprire che rimanda a percorsi entrati nel mito come la Transiberiana. E che oggi trova una nuova declinazione. «Il tragitto in treno diventa parte integrante della vacanza: noi quest’anno abbiamo inaugurato per i mesi estivi l’Espresso Riviera, da Roma a Marsiglia con treni notte restaurati, cuccette, compartimento letto, servizio ristorante. Tutto per viaggiare comodi, con calma, senza dover andar ore prima al check in, senza preoccuparsi per il peso del bagaglio, arrivando diretti a destinazione». 

Riscoperta dei treni notturni che in Europa è stata anticipata da ÖBB, le ferrovie austriache, che quando tutti dismettevano le carrozze notturne – la Francia ha interrotto il servizio nel 2016, la Germania l’ha soppresso  – ha invece scommesso e potenziato il servizio NightJet, investendo quasi un miliardo di euro in vagoni moderni dotati di wifi, privacy e comodità assortite che ogni sera uniscono, quasi sempre via Vienna Hauptbahnhof, Amsterdam con Roma, La Spezia con Amburgo, Parigi con Spalato. Perché i treni apparterranno pure al passato, ma in certi contesti viaggiano ancora nel futuro.

Gli interni del nuovo servizio NightJet / foto NightJet.com