Non sfuggono ai turisti i colori e le forme delle antiche pietre con cui fu costruita in epoca romana Tivoli: si chiama lapis tiburtinus, ovvero travertino, un vero e proprio giacimento di ricchezza e di bellezza le cui cave si estendevano nelle vicinanze della città di Ercole, a est di Roma.
Grazie alla magica roccia calcarea di colore chiaro, ideale per tutti i tipi di costruzione, furono innalzati già a partire dalla fine del III secolo a.C. edifici, templi, arredi, sculture, pavimentazioni, rivestimenti di facciate, ma anche capitelli, frontoni, colonne, che trasformarono Tibur in un elegante centro d’arte.
Ancora oggi, la versatile pietra, facilmente modellabile ma nello stesso tempo resistente, si può facilmente rintracciare seguendo le sue inconfondibili tonalità sparse nell’abitato. Brilla sull’acropoli sotto forma del tempio circolare di Vesta con il suo podio rivestito di travertino, che lascia stupiti i visitatori per la sua armonia.
E continua a meravigliare chi giungendo a Tibur dalla Via Tiburtina scopre il Mausoleo dei Plauzi Silvani, uno dei soggetti preferiti dei disegnatori e dei pittori, dal Rinascimento in poi, che già nel Medioevo aveva assunto il ruolo di fortezza a difesa della città. Enormi blocchi di travertino spiccano alla vista sul corpo del monumento a forma di cilindro con le epigrafi che raccontano la storia di Marco Plauzio Silvano, amico dell’imperatore Ottaviano Augusto, e dei suoi discendenti.
Nei pressi è il Ponte Lucano, il più importante fra le infrastrutture costruite sulla Via Tiburtina, con le sue arcate di roccia calcarea, dove nel 1155 Federico Barbarossa incontrò il pontefice Adriano IV e ricevette dai tiburtini le chiavi della città. Un altro monumento, di cui rimane solo un’arcata di travertino, delle cinque o sei originarie, è il Ponte dell’Acquoria, che prende il nome da una vicina sorgente chiamata acqua aurea. Brani di travertino a blocchi posti di taglio si possono osservare inoltre sulla cosiddetta Porta Maggiore (o Porta Repubblicana), in parte conservata, che s’incontra lungo Via del Colle e risalente forse al periodo dell’imperatore Aureliano, tra il 270 e il 275.
Il prezioso materiale per vari secoli fu esportato a Roma (che lo battezzò travertino romano) per la Via Tiburtina e per la via fluviale lungo l’Aniene, irrequieto affluente del Tevere; solo a fine Ottocento fu utilizzato il nuovo tramway a vapore che collegava Roma a Tivoli. Il “marmo” di Tibur rese la capitale mondiale ancora più eterna. Il Colosseo, la Basilica di San Pietro con il suo colonnato, le fontane del Bernini, i Muraglioni del Tevere, ma anche il quartiere dell’Eur, lo stadio Olimpico, l’Auditorium, sono alcuni tra i più spettacolari frutti del travertino tiburtino.
Oggi, una parte delle cave, “Travertini Acque Albule (Bagni di Tivoli)” è diventata oggetto di tutela sottoposta a vincolo per il suo alto valore naturalistico, storico e archeologico: qui, dove per millenni è stata estratta la generosa roccia che con le sue scaglie di risulta diede origine ad alture e colline, vivono infatti centinaia di piante e di fiori, per la gioia di botanici e di visitatori. Il Travertino tiburtino continua a stupire il mondo.